“L’estinzione è collettiva. L’origine è individuale, dominio della probabilità, dell’unico e irripetibile. Ognuno ha il suo orologio biologico, ognuno scorre col proprio tempo. Amen”
“L’origine delle specie”, ultima fatica del collettivo Sotterraneo, seconda parte del dittico sulla Specie, (la prima parte ”Dies Irae _5 episodi intorno alla fine della specie”, è andata in scena il 23/07) segna un momento di maturazione e di definitivo consolidamento della compagnia toscana.
Il Teatro Sotterrano, che quest’anno ha vinto l’UBU e il Premio Hystrio, è una delle realtà più stimolanti e interessanti del panorama teatrale contemporaneo italiano.
Il loro è un linguaggio immediato, efficace, che coniuga sapientemente profondità e ironia.
In questo nuovo lavoro individuiamo uno dei loro tratti distintivi: l’esemplificazione scenica, l’allestimento è volutamente scarno, minimalista, la scena è dominata da un maxi-schermo e da un cronometro che scandisce lo scorrere del tempo (lo stesso che ritroviamo in DIES IRAE).
Il loro è uno stile spoglio, privo di intenti rappresentativi, il loro obbiettivo non è rappresentare, quanto piuttosto evocare.
Trovo interessante come in questo nuovo lavoro siano riusciti a evitare il rischio di ripetersi, riuscendo a rinnovarsi e a reinventarsi, senza snaturarsi: un’insolita e rara capacità di indagine, gli permette di scavare, approfondire, sviscerare le tematiche, per poi andare avanti, oltre.
L’origine delle specie compie un percorso inverso rispetto a quello fatto in DIES IRAE: si procede dalla fine all’inizio. Lo spettacolo è una riflessione ironica e dissacrante sul concetto di specie, nelle sue molteplici declinazioni, animale, umana, vegetale, e sulla sopravvivenza: assistiamo al crudele e insindacabile ciclo dell’esistenza che nasce, si sviluppa, si evolve ed è destinato a estinguersi.
Ripercorriamo la nostra storia collettiva, il nostro passato, dal brodo primordiale al definitivo spopolamento del pianeta, in chiave “sotterranea”: è il singolare rapporto tra il Teatro Sotterraneo e il padre dell’Evoluzionismo, Darwin.
In questo secondo episodio del dittico possiamo notare la maggior articolazione espressiva messa in atto dal collettivo e l’avvalersi di una molteplicità di linguaggi diversi: dallo stile “videogame”, all’uso delle maschere, fino ad arrivare a una sorta di abbozzo di personaggi; l’intero lavoro è caratterizzato da un tono scanzonato, ma beffardo, “sbeffeggiante”, a cui ci hanno abituato i sotterranei.
Il sorriso del Sotterraneo non è mai innocente e privo di implicazioni, nasconde sempre una ferocia e un crudele cinismo e disincanto.
Sfacciati senza essere eccessivi, sicuri di sé senza essere presuntuosi, i Sotterranei hanno decisamente vinto la loro personale sfida con Darwin.
Colpisce l’assoluta sicurezza del dramaturg, Daniele Villa e l’estrema padronanza della scena dei 3 attori, Jacopo Braca, Claudio Cirri e Sara Bonaventura, unico assente in questo ultimo lavoro il 5° sotterraneo, Matteo Ceccarelli: in scena si è avvertita la sua mancanza, sebbene questo non ha compromesso lo spettacolo che risulta essere organico ed efficace, funzionale ed equilibrato, di ampio respiro.
Ciò che rende il lavoro del Sotterraneo unico e originale è la loro innata capacità di saper porre le domande giuste, piuttosto che dare risposte: il dubbio è sintomo d’intelligenza, più che la fede e la fiducia sconfinata.