Negli anni Novanta lo Sferisterio di Macerata ha creato due allestimenti che hanno fatto epoca, entrambi grazie alle scenografie di Josef Svoboda: La traviata conosciuta come “degli specchi” e la presente Lucia di Lammermoor che invero risulta appartenere alla Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi con scenografie di Benito Leonori da un'idea di Svoboda, un allestimento che ha girato moltissimi teatri e che in questa stagione passa per tutte e quattro le città dell'Emilia e che si conferma suggestivo per le scene anche oltre l'insostituibile muro dell'Arena progettata da Ireneo Aleandri.
Due sono gli elementi che caratterizzano la scena di Josef Svoboda: la scalinata che occupa per intero il palco e il telo goffrato che chiude il boccascena su cui vengono proiettate immagini (margherite, candele, onde del mare, rocce insanguinate, vampe di incendio, interno di cattedrale gotica, ferro arrugginito e altro) che evocano il succedersi degli ambienti e gli stati d'animo dei protagonisti. La scenografia è sicuramente l'aspetto dominante e assorbente della messa in scena in quanto la regia di Henning Brockhaus, ripresa dalla coreografa Valentina Escobar, si limita a regolare ingressi e uscite privilegiando staticità nelle posture e prevedibilità dei gesti. Si conferma un momento di grande suggestione il secondo quadro del primo atto, quando l'arpista suona sulla scalinata e Lucia e Alisa si abbracciano commosse. Non ci hanno convinto i costumi di Patricia Toffolutti che mescolano le epoche: gli uomini rimandano al medioevo, le donne al Novecento con qualche citazione più antica; soprattutto gli abiti del matrimonio fanno pensare alle feste di Traviata fuorviando lo spettatore. Le luci, curate dallo stesso regista, in modi diversi, fanno risaltare le pieghe e gli angoli della stoffa della “parete” ideata da Svoboda con un materiale all'epoca rivoluzionario.
Stefano Ranzani bene asseconda i cantanti e garantisce, alla guida dell'Orchestra regionale dell'Emilia Romagna, il rispetto di tempi e suoni e giusti apporti degli strumenti solisti, così rilevanti nella partitura. Precisi gli interventi del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani.
Ekaterina Bakanova canta molto bene e la voce pulita e luminosa è decisamente adatta a Lucia: i registri sono curati e pieni e il soprano arriva senza risparmiarsi e senza difficoltà al terzo atto e, dopo la cadenza, il pubblico le tributa una meritata ovazione. Mario Cassi è un Enrico di grande fascino, meno prepotente e minaccioso del solito (all'inizio è tormentato dai fantasmi che cerca di scacciare con la spada che mulina nel vuoto), dalla voce brunita emessa in modo sicuro e in grado di salire facilmente all'acuto ma anche di scendere nel grave con pienezza di suono. Corretto ma meno in rilievo l'Edgardo di Giuseppe Gipali che ha maggiormente convinto nel terzo atto rispetto ai primi due a causa di una certa lamentosità nel tono. Il bravo Luca Dall'Amico, trasformato in modo irriconoscibile dal trucco, è Raimondo, affascinante in un abito lungo fuori nero e dentro rosso che scende allargandosi a terra. Adeguati, nei ruoli di contorno, Matteo Desole (un Arturo abbigliato e truccato da personaggio di avanspettacolo o circense), Elena Traversi (Alisa che gioca a badminton) e Roberto Carli (Normanno).
Pubblico numeroso, molti applausi a scena aperta e nel finale, in particolare per la protagonista.