Lirica
LUCIO SILLA

Il gioco delle parti

Il gioco delle parti

Lucio Silla, terza e ultima opera scritta da Mozart per la Scala, va in scena nel teatro milanese in alternanza con l'Aida di Zubin Mehta e Peter Stein. Il libretto non racconta una storia vera e propria e i personaggi non hanno alcuna evoluzione, ma la musica innerva il plot e fornisce gli elementi vitali e tragici che mancano al testo. Mozart offre la ricercatezza del belcanto, coi numerosi da capo, e la novità dei recitativi accompagnati in cui si narra quello che avviene e si mostrano i sentimenti. Lode al regista Marshall Pynkoski che ha saputo creare uno spettacolo, oltre che molto molto bello a vedersi, accattivante da seguire, che utilizza i protagonisti come pedine di un gioco delle parti d'amore e vendetta.

La scena di Antoine Fontaine si affaccia su pini marittimi a ombrello e cipressi, una veduta laziale come spesso nelle immagini del Grand tour; ai lati colonne corinzie su alti basamenti, tutto realizzato con tavole di legno chiaro nel gusto di certi teatri barocchi quale il Farnese di Parma; i velatini di muri di mattoni rossi rimandano immediatamente alla Roma antica ma in rovina. Rigorosamente settecenteschi i sontuosi e splendidi costumi, anch'essi di Antoine Fontaine, a confermare che l'allestimento è situato in epoca coeva al compositore e vuol presentare l'antichità classica filtrata dall'occhio mozartiano. Nessun riferimento alla vera “romanità”: non c'è nella musica e dunque nemmeno nello spettacolo. Marshall Pynkoski presenta un mondo di passaggio verso il neoclassicismo e il romanticismo, un mondo dominato dai sentimenti e attratto dall'antichità, che usa nomi e ruoli classici per rappresentare vicende amorose e intrighi del presente (a dimostrazione di ciò i ritratti di Giunia e Cecilio abbigliati e nelle posture di Diana ed Endimione). La forte teatralità dell'allestimento è sottolineate, oltre che dall'apparato scenico, dal cantare spesso in proscenio con un cambio di luci (splendide, create da Hervé Gary) che, per qualche momento, sospende la vicenda. Non solo, anche il continuo volteggiare di mantelli e vestiti appare assai teatrale. Appropriate le coreografie di Jeannette Lajeunesse Zingg in linea con le scelte registiche.

Kresmir Spicer sostituisce in tutte le recite l'annunciato Rolando Villazón (protagonista a Salisburgo dove lo spettacolo ha debuttato) e convince il pubblico con una prestazione improntata alla forza e alla protervia, un Lucio Silla irascibile e violento. Splendido il Cecilio di Marianne Crebassa: la voce ha bellissime bruniture perfette per la parte e dimostra acuti sicuri, centri timbrati e gravi sonori, oltre a una forza musicale che brilla particolarmente nei momenti d'abbandono e di sensualità, scolorando in un languido sfinimento malinconico. Lenneke Ruiter, alle prese con la difficile parte di Giunia (l'aria Ah se il crudel periglio è tra le più impervie mai scritte), convince per la cura dei recitativi e la correttezza delle arie giungendo a un risultato assai temperamentoso (il regista crea con lei un'immagine splendida, quando passa veloce da un lato all'altro del palco seguita dalle dame di compagnia, nervosa e arrabbiata). Inga Kalna è un Cinna un po' generico con le agilità non abbastanza precise. Unica italiana del cast, la brava Giulia Semenzato è una maliziosa Celia dalla linea di canto dolce e luminosa, non certo bambolineggiante anzi quasi incestuosa col fratello. Il Coro della Scala è stato ben preparato da Bruno Casoni.

Marc Minkowski si conferma specialista della partitura: il suono è leggero e non tralascia di sottolineare tutti i colori e le nuances con grandi arcate e arabeschi melodici, oltre a un effetto di eleganza e trasparenza che non ha mai cedimenti. Si è apprezzata la grande teatralità della direzione che, in unione con la regia, consente al pubblico di seguire il dipanarsi di arie, a volte ripetitivo e mero sfoggio di abilità vocale. Minkowski piacevolmente si rivela non troppo serioso e ironicamente accenna alla marcia nuziale di Mendelssohn nel momento in cui Cinna si impegna a sposare Celia, oppure fa spuntare corno-fagotto-oboe dalla buca per introdurre l'aria del protagonista ma musicata da Johann Christian Bach per rendere più credibile la “conversione”, cioè la decisione di Silla per la clemenza. In questa edizione è stata eliminata la parte di Aufidio e il libretto è stato tagliato in più punti. Perfetto l'accompagnamento al cembalo di Francesco Corti, il cui basso continuo è arricchito da Simone Groppo al violoncello e Pino Ettorre al contrabbasso.

Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)