Lirica
LUCREZIA BORGIA

Torino, teatro Regio, “Lucrez…

Torino, teatro Regio, “Lucrez…
Torino, teatro Regio, “Lucrezia Borgia” di Gaetano Donizetti LUCREZIA E I SUOI FANTASMI Lucrezia Borgia, tratta dal dramma in prosa di Victor Hugo, è una tragedia romantica e notturna illuminata da illusori bagliori di festa che, anziché alleggerire la tensione, contribuiscono ad accentuare il clima torbido e cupo di un rinascimento tutto scelleratezze, intrighi e veleni. Nel melodramma di Donizetti la lussuriosa Lucrezia acquista una dimensione umana e sofferta e la sua mostruosa difformità morale viene in parte redenta attraverso il sentimento della maternità. L’opera, se pur composta in tempi velocissimi, segna un’evoluzione nella produzione del compositore per la ricerca di una maggiore efficacia drammatica e continuità musicale, con il risultato di un’opera meno frammentaria, dal racconto musicale incalzante e ricco di colpi di scena. A Torino è stato proposto l’allestimento di Francesco Bellotto presentato al Festival di Bergamo, una produzione tradizionale, nonostante la pretesa di mettere in rilievo il non detto e i fantasmi della protagonista. La scena notturna e priva di elementi decorativi è caratterizzata da pareti di mattoni che, a seconda degli atti, ricreano un porticato dai pilastri squadrati illuminato da luci azzurrine, interni ed esterni del Palazzo dei Borgia, il nudo alloggio di Gennaro, la sala del banchetto a Palazzo Negroni. Purtroppo non bastano qualche arazzo alle pareti, una tavola imbandita e i costumi tardo-rinascimentali di Cristina Aceti a caratterizzare una scena che rimane anonima e che non riesce a rendere l’atmosfera della corte cinquecentesca e i chiaroscuri di cui è impregnata la partitura. In scena sono presenti quattro mimi dall’aspetto emaciato: una bimba, una madre, un ragazzo ed un uomo di mezz’età, spettri interiori che rappresentano il retaggio del passato di corruzione e colpa che Lucrezia non può superare e che implicitamente condannano al fallimento la redenzione della protagonista. Questi spettri, che sembrano riecheggiare (ma senza la stessa inquietudine) le presenze intruse del film “the others”, risultano inutili e la loro iterata presenza, in contesti di per se fortemente drammatici come l’agnizione finale, non aggiunge granché. Più efficaci i colpi di scena realizzati con il movimento scenico ed un uso puntuale delle luci, come quando durante la festa in casa Negroni si odono sinistri suoni fuoricampo, si abbassano le luci e la scena viene illuminata da una luce laterale e fredda, quasi caravaggesca, e gli astanti indietreggiano al rallentatore, raggelati e attoniti, preparando l’entrata in scena della spietata Lucrezia. Dimitra Theodossiou si è dimostrata - a sorpresa - un’ottima Lucrezia: piacevolmente “moderata”, lirica e sfumata, dagli accenti malinconici, pianissimi e mezze voci non manierate che risaltano negli abbandoni melodici del prologo. La cautela dimostrata le ha consentito di risolvere in modo convincente i momenti di canto più incisivo e drammatico, taglienti e fulminanti come la crudeltà del personaggio, ma privi di quegli eccessi di realismo a lei contestati a Bergamo. Anche la gestualità è apparsa pertinente: gesti misurati e precisi, dolenti e incisivi, assolutamente drammatici. José Bros ha una bella voce, chiara e generosa, adatta a render il canto melodico e scorrevole di Gennaro. “Di pescatore ignobile” colpisce per gusto e fraseggio, anche se col progredire dell’opera il canto povero di differenziazione e screziature risulta monotono. Crudele e sottile il Duca di Michele Pertusi, di cui ancora una volta si ammirano la classe, l’autorevole presenza e l’incisivo fraseggio che imprime forte tensione al terzetto “Guai se ti sfugge un motto”. Kate Aldrich è stata una piacevole rivelazione nel ruolo en travesti del giovane ed esuberante Maffio Orsini, catturando l’attenzione del pubblico per la naturale presenza scenica. Con voce sicura dal bel registro centrale e facili acuti conferisce il giusto piglio a un brindisi che sprizza gioia e velocità. Fra le numerose parti minori da segnalare Astolfo di Alessandro Guerzoni, Rustighello di Enrico Iviglia e Gubetta di Enrico Marabelli. Bruno Campanella, accolto con particolare calore dal pubblico del Regio, di cui è stato a lungo direttore stabile, ha diretto l’orchestra in modo duttile e calibrato, variando intensità e spessori per privilegiare le esigenze dei cantanti rendendo il canto assoluto protagonista. Una direzione capace di ricreare la giusta cornice ambientale e la tinta notturna in cui affiorano dolci e lenti accordi per sottolineare la solitudine della protagonista. Buona anche in questa occasione la prova del coro del teatro Regio preparato da Claudio Marino Moretti. Grande successo di pubblico che ha applaudito con entusiasmo e senza riserve tutti i protagonisti ”riabilitando” Dimitra Theodossiou in un ruolo a lei congeniale. Visto a Torino, teatro Regio, il 6/04/08 Ilaria Bellini
Visto il
al Regio di Torino (TO)