Lirica
LUISA MILLER

NEI SOGNI DI LUISA

NEI SOGNI DI LUISA

Opera importante nel repertorio verdiano, Luisa Miller segna la transizione tra il primo periodo e il secondo, ma alla Scala si è data poco, una volta nell'Ottocento, quattro nel Novecento: giusta e lodevole quindi la scelta di portarla in scena in un nuovo allestimento interamente prodotto a Milano.
Mario Martone ne fa una rappresentazione onirica ma che mantiene fortemente il realismo nei caratteri e nella vicenda. La scena di Sergio Tramonti è dominata da un bosco di alti alberi rivestiti di edera e posti in declivio. Al centro un letto: lenzuola bianche all'inizio, il letto di Luisa nella casa di contadini; lenzuola rosso fuoco poi, il letto nel castello (per cambiare basta che si alzi la spalliera e i cuscini abbiano i merletti). Gli elementi scenici hanno valore simbolico: oltre al letto, penna e calamaio e una rossa poltrona ruotano in senso inverso durante la scena della lettera. Nel castello gli scranni fanno pensare a una specie di parlamento e a una legge dispotica soprattutto nei confronti dei deboli. I costumi di Ursula Patzak sono contemporanei ed efficaci, evidenziando con immediatezza le differenze di classe tra i protagonisti e i coristi. Essenziali nell'economia dello spettacolo le bellissime luci di Pasquale Mari, sia nel trascolorare tra gli alberi, sia nell'evidenziare i dettagli e i cantanti, luci che calcano sull'elemento onirico.
Il lavoro registico è curato nella recitazione dei solisti e nei movimenti delle masse; la vicenda risulta comprensibile nel plot e nelle idee registiche, non banali e funzionali alla storia, presentata come fosse un sogno di Luisa che scivola nell'incubo.

Gianandrea Noseda offre una direzione ottima con tempi serrati e sensati; mantiene l'atmosfera romantica accompagnandola con venature oniriche che però non spingono verso l'antinaturalismo; l'orchestra ha una ricchezza espressiva notevole, massima nella splendida sinfonia iniziale; il suono è importante ma controllato e sempre calibrato con gli apporti vocali; estrema la cura degli strumenti, gli archi in particolare, velocissimi. Noseda coglie l'atmosfera fosca e cupa ma anche gli squarci di ampio lirismo con una morbidezza indimenticabile. Insomma una direzione efficace, incalzante, che ha dato forza alla rappresentazione e inchiodato gli spettatori alle poltrone.

Elena Mosuc è parsa ideale per il ruolo del titolo, sia nei momenti di agilità che in quelli drammatici; le colorature non costituiscono difficoltà, il fraseggio è curato e la dizione appropriata.
Piero Pretti ha sostituito l'indisposto Marcelo Alvarez; la voce è leggera ma il tenore è corretto ed espressivo, facile all'acuto e disinvolto in scena. Vitalij Kowalijow è un Conte di Walter granitico e severo. Daniela Barcellona è un'ideale Federica, donna-mantide che si impone per altezza fisica e vocalità sontuosa; efficace la scena in cui si spoglia davanti a Rodolfo stendendosi sul letto e, dopo il di lui rifiuto, si riveste con vergogna e rabbia. Leo Nucci è uno straordinario Miller, esperto del ruolo, autorevolissimo per espressività e cura delle sfumature negli accenti anche più intimi, misuratissimo e per questo particolarmente commovente: davvero una grande interpretazione che ha reso grande il personaggio. Kwangchul Youn è un claudicante Wurm, la cui voce scende negli abissi della partitura pur rivelando un personaggio non completamente negativo. Bravi, nei ruoli di contorno, Valeria Tornatore (Laura) e Jihan Shin (Un contadino). Ottima la prova del coro, fondamentale per la riuscita dell'opera, preparato da Bruno Casoni.

Teatro gremito, vivo successo di pubblico con molti applausi a scena aperta e nel finale.

Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)