L'ULTIMA MADRE

L'ultima madre di e con Afra Crudo

L'ultima madre di e con Afra Crudo

Afra Crudo in uno spettacolo dove il corpo diventa il canale privilegiato per accedere al metafisico


Afra Crudo, danzatrice ed attrice,  nel suo pièce delinea un incisivo percorso fatto di metamorfosi che squarciano il buio pesante del  palcoscenico e non concedono tregua allo spettatore che assiste al racconto come ad una sequenza di visioni dove il teatro si risolve in una macchina ostile costruita a forza di fermi immagine.  Epicentro e motore dello spettacolo è la figura di una vecchia (ispirata alla nonna dell’attrice) da cui, come in un gioco di carte, discendono quadri di donne che si dispiegano sulla scena senza soluzione di continuità: la sposa, la cartomante, la posseduta, la prostituta. Figure femminili come testimonianza e propaggine di episodi psichici esperienziali a comporre un’unica individuale memoria arcaica. Un’individualità che ci tiene a restare tale e nello stesso tempo a far sapere che esiste, ad aprire delle porte. E sono porte dolorose e laceranti. Si aprono su scenari angosciosi, desolati e desolanti. Vite che si impastano inesorabilmente con un senso di angosciosa oppressione, un reiterato mistero stregonesco che pare  mutare natura in ogni episodio ma dove la vita continua a legarsi al fallimento nella cornice di una Puglia arcaica ed esasperata, gravida di passato tanto da rimanerne schiacciata e ripiegata su sé stessa dinnanzi al futuro. Personaggi che non riescono mai a varcare la soglia dei luoghi claustrofobici in cui si trascinano, oppressi da loro stessi e consumati dall’eco di ciò che li circonda.
Un teatro che rifiuta di costruire un’azione realmente narrativa per bloccarsi su uno stato d’animo e non importa se questo consista in un ricordo, un turbamento o nel costante senso di fallimento in cui può condensarsi tutta una vita. La vitalità fisica che l’attrice imprime ai corpi pare condannata a macerarsi in una manifestazione sensibile e antica del dolore.

Efficaci le immagini di questi spaccati di vita femminile che sembrano costruiti dal corpo e dall’uso sapiente della partitura sonora  ma non sempre gratificati da parole che ne facciano un personaggio. Quadri di vita  in cui verosimilmente Afra Crudo identifica i propri archetipi che si disfano come una matassa comunicandosi al pubblico, convertiti  in finzione solo dal risuonare degli applausi dei pochi presenti in sala. 
 

Visto il 23-05-2013
al Fontana di Milano (MI)