L'ULTIMA NOTTE. ANATOMIA DI UN SUICIDIO

Teatro civile senza impegno non è.

Teatro civile senza impegno non è.
Il pubblico entra. Sul palco l'attore siede in proscenio, al centro, su un grosso televisore a tubo catodico degli anni ottanta, nero, un po' scassato, spalle alla platea legge dei fogli. Fogli sparsi davanti a lui, spazio vuoto nero, sei grossi specchi come colonne a fondale. Buio. L'attore si alza di scatto ponendosi a fianco del televisore e osserva immobile muto, luce a pioggia a segnarne la sagoma. Silenzio. Silenzio. Lungo silenzio. Imbarazzante silenzio. Vuoto silenzio. Troppo silenzio. Un gemito, silenzio. E poi? E poi niente: un alternarsi di monologhi e video delle Teche Rai, dialoghi al telefono ad una voce sola e video, dialoghi tra il personaggio Gardini e la sua ombra-coscienza e video. Un ritmo monotono ripetitivo come il suono della campana di una ruota di preghiera buddista che suona ogni volta che il mantra ha compiuto il suo giro. Ed è un giro su se stesso l'allestimento de "L'ultima notte – Anatomia di un suicidio", uno spettacolo ripiegato su se stesso che non si preoccupa nemmeno di un televisore che "impalla" continuamente i movimenti dell'attore. Un giro sulla superficie dei fatti, delle circostanze, una ricostruzione storica buona per una prima lezione, tanto per capire cosa ha fatto e chi fosse Raul Gardini, cosa succedeva intorno a lui ma niente di più. L'approfondimento, l'analisi, i dubbi, la critica: insomma della complessità del tempo e soprattutto dell'uomo non c'è traccia. La televisione in primo piano. ecco, una trasmissione d'intrattenimento da prima serata non certo un report da tarda notte: quelli che vedono in pochi per capire. Lo spettacolo non annoia vuoi per l'interpretazione vigorosa di Luciano Roman, vuoi per le proiezioni visive dell'ombra-coscienza che bianca illumina il nero dell'uomo vivo... ma non è sufficiente. Non c'è confronto di punti di vista: i sei specchi-colonna riflettono solo un'unica immagine – un pensiero unico, il non pensiero - quella della tv; ed è tutto detto. Le ruote di preghiera tibetane permettono di accumulare meriti e sostituire la negatività con effetti positivi, generando un buon Karma ma ci vuole fede, dedizione, impegno.
Visto il 24-11-2011
al Eleonora Duse di Genova (GE)