Prosa
L’ULTIMO SANREMO DEL MILLENNIO

Ma i gay sono un'altra cosa...

Ma i gay sono un'altra cosa...
Lo spettacolo di Flavio Mazzini (nome d'arte) vuole ironizzare sulle terapie riparative. Per chi non lo sapesse queste terapie pretendono di modificare l'orientamento sessuale dei gay e delle lesbiche facendo loro riacquistare il naturale (sic!) orientamento eterosessuale dal quale avevano deviato, durante lo sviluppo, a causa di dinamiche psicologiche parentali. In realtà l'omosessualità è una normale variante del comportamento sessuale umano e non è affatto una devianza dalla norma come dicono molti (mettendosi fuori dal consesso scientifico internazionale) in buona ma più spesso in malafede. Per ridicolizzare le teorie riparative lo spettacolo racconta di un gruppo di ex gay che hanno deciso di riunirsi per vedere insieme l'ultimo Sanremo del millennio mostrando come siano ancora tutti gay e denunciare così l'ipocrisia della loro conversione. La riunione è complicata però da due eventi, il tentato suicidio di uno del gruppo (a casa della vicina dove andava per annaffiare le piante e dove ha luogo la commedia) e l'arrivo del professore che li ha convertiti, fratello del mancato suicida (interpretati entrambi dallo stesso attore, nella migliore tradizione della commedia plautina), con al seguito il cadavere della terza moglie (molto più ricca e più vecchia di lui), dentro una valigia, pesantissima. La padrona di casa, una giovane zitella dal cattivo karma (flirta sempre con uomini che si rivelano essere omosessuali), ospita suo malgrado questo gruppo di uomini in teoria là convenuti per prestare cure al mancato sucida, in realtà più interessati a seguire la finale di Sanremo in tv. Al consesso si aggiunge un'attrice porno di origini slave, vestita da suora (un costume di scena del film che sta girando con uno dei ragazzi convertiti che non vuole far sapere agli altri di questo suo lavoro) che deve recuperare il suo cellulare. Da questo canovaccio si dipanano le situazioni comiche della commedia che ha brio, battute felici e spassosissime, mai volgari, dimostrando l'expertise dell'autore sulla cultura musicale italiana, nazional-popolare (da Raffaella Carrà ad Ambra Angiolini) e non (lo spettacolo si apre con Parlami d'amore Mariù cantata da Milly). Il confronto tra ex gay e le donne è sviluppato con equilibrio: pur non nascondendo la sua simpatia per i ragazzi l'autore dà alle due donne tutto l'acume, la profondità e l'ironia del caso. Sono loro che capiscono subito la reale natura dei ragazzi, tutt'altro che riparati, come pretende il professore che crede di averli guariti avendo loro insegnato una diversa postura e una filastrocca con la quale resistere all'attrazione omoerotica. D'altronde come credere alla serietà di un professore omicida che, con la scusa di convertirli, concupisce tutti i suoi allievi ? Tra le righe della commedia Mazzini denuncia anche i guasti di certa tv che ha una pessima influenza sulle persone (Non è la Rai di Boncompagni, programma dato in replica). Il suicida mancato si riprende dallo svenimento credendosi Ambra e la sua omosessualità lo fa comportare, anche quando si crede donna, da omosessuale facendogli concupire, approfittando del buio per un black out, la padrona di casa idea interessante schiacciata pesantemente però dai cliché che occupano la commedia. Flavio Mazzini però mette troppa carne al fuoco e non riesce a fondere in una commedia compiuta i vari elementi da farsa che caratterizzano il suo racconto con il quale più che mettere in ridicolo le teorie riparative fa della satira facile sui suoi teorizzatori. Mazzini fa del professore un volgare profittatore, assassino e pederasta, sminuisce cioè non già le sue idee ma direttamente la persona come se sminuendo quella le sue idee ne venissero in qualche modo inficiate... Anche i due personaggi femminili fanno ridere grazie alla farsa con cui i loro caratteri sono forgiati: la zitella (dipinta nelle note di regia come ninfomane) ci prova con ogni uomo che incontra o del quale sente parlare, meccanismo comicamente efficacissimo (quando apprende il nome di uno degli ospiti che deve sopraggiungere, Manuel come la canzone di Caterina Caselli le dice uno degli ex gay, lei gli chiede subito e com'è? e quello si mette a cantare la canzone...) ma che si basa su di un "difetto", su di una "colpa" (quella di provarci con ogni uomo che incontra) che è attribuibile maschilisticamente solo alle donne non certo agli uomini (che, anzi, in quanto maschi, DEVONO provarci con ogni donna). Maschilista è anche l'assunto che vuole che l'esperienza sessuale e di vita faccia di ogni donna una prostituta, come il secondo personaggio della commedia (che cita Gramsci...). Mazzini impiega la stessa ideologia patriarcale e maschilista anche quando, per dimostrare che i suoi personaggi sono ancora gay, li fa tutti effeminatissimi, pieni di mossette, con tanto di mano dal polso molle e sedere all'infuori, addirittura facendo uno di loro (il suicida mancato) un travestito, tutti con voci squittenti, tranne uno un po' più attempato, che però ha conati di vomito al solo pensiero di un seno femminile... Così per mettere giustamente in ridicolo i presupposti delle terapie riparative Flavio Mazzini usa le stesse categorie patriarcali, sessiste e omofobe su cui quelle teorie si basano e pensa al mondo omosessuale in quegli stessi termini: la virilità è espressa unicamente dall'attrazione per la donna (o meglio, certe parti della donna), ogni altra attrazione fa di quell'uomo una persona non virile e dunque femminile; un omosessuale maschio è definito non già dalla sua attrazione per altri maschi ma dalla paura o dal ribrezzo per il sesso opposto. Insomma Flavio Mazzini non critica certi presupposti, certe storture ideologiche, ne cambia solo il segno, da negativo a positivo, finendo inesorabilmente per confermarne la validità. Invece non tutti i gay sono effeminati, così come non tutte le persone effeminate sono gay. Di più l'effeminatezza stessa è una categoria maschilista che si applica a chi non si tocca vistosamente i genitali ogni qualvolta passa una donna appetibile (tutte da 0 a 99 anni). Che ci siano davvero persone omosessuali che si comportino secondo quel cliché non dimostra affatto la validità del luogo comune quanto la pervasività della pressione sociale che fa interiorizzare a certe persone meno difese quei cliché come unico strumento con il quale esprimersi nella società. i>L'ultimo Sanremo del millennio>/i> si limita a dire che chi è frocio è destinato a restare frocio senza preoccuparsi minimamente di usare categorie meno viete, forse perchè è più facile ridere di un omosessuale checca che di un uomo. Essere attratti da persone dello stesso è naturale, anzi naturalissimo, avere conati di vomito in quanto gay dinanzi una donna (peggio dinanzi le parti sessuate del suo corpo) è una deformazione mostruosa, un'emanazione culturale distorta che va, quella sì, riparata perchè così com'è è offensiva delle donne e dei gay i quali anche se amano altri uomini non per questo sono meno virili dei loro fratelli etero.
Visto il 03-03-2010