Prosa
LUNGA GIORNATA VERSO LA NOTTE

Arturo Cirillo sconfitto da Eugeno O’Neil in “Lunga giornata verso la notte”

Lunga giornata verso la notte
Lunga giornata verso la notte

Eugene O’Neil divora la messinscena di Arturo Cirillo. Lo spettatore viene ipnotizzato da effetti speciali e grida, ma le parole di Eugene O’Neil sono più forti e al pubblico arrivano, anche se non con il loro massimo potenziale espresso.

Lunga giornata verso la notte di Eugene O’Neil, uno dei testi teatrali tra i più belli scritti nel Novecento, divora la messinscena di Arturo Cirillo, che pur inseguendo una strada di appiattimento del profondo dramma del testo, non riesce a smorzarne la forza dirompente. Lo spettatore viene ipnotizzato da effetti speciali e grida, ma le parole di Eugene O’Neil sono più forti di qualsiasi banalizzazione e al pubblico arrivano, anche se non con il loro massimo potenziale espresso.

Uno spazio che imprigiona

I quattro personaggi -madre, padre e due figli maschi– si incontrano al centro della scena, dove è presente solo un tavolo con bottiglie di alcol e bicchieri, per poi ritirarsi ai margini della scena semi-circolare, dove quattro piccole sedute evocano quattro camerini teatrali. Si tratta dell’intuizione più interessante del regista sul testo: la famiglia è preda di un meccanismo di auto-distruzione che avviene tramite la degradazione di chi è più vicino negli affetti, dinamica generata dall’ipocrisia di una classe sociale proprietaria terriera americana, ma anche dalla solitudine egoistica del mondo teatrale di cui sono parte James Tyrone padre e il primogenito, Jamie. Si intuisce che Cirillo vuole i quattro personaggi in qualche modo imprigionati nel teatro, oltre che in se stessi, ma non ha forse il coraggio di portare fino in fondo questa idea.

Perseguire l’effetto o il significato?

È un peccato che uno spazio così ben costruito si trasformi poi in maniera un po’ casuale, all’inseguimento dell’effetto speciale, più che seguendo l’intuizione iniziale. Quando cala la nebbia è interessante che inizialmente i tre uomini di casa debbano parlare con Mary, la madre, potendo stare solo ai margini della scena. Un nuovo codice che viene infranto e non trasformato organicamente in altro. Allo stesso modo è un peccato che molti dialoghi siano un superficiale urlarsi addosso dei personaggi. In questo non viene rispettato un linguaggio scenico più adatto a O’Neil, forse per la difficoltà di sostenere un testo molto verboso.

Visto il 24-11-2018
al Menotti di Milano (MI)