Quando abbiamo recensito Macadamia Nut Brittle di Ricci/Forte, presentato sotto forma di studio il giugno del 2009, nell'ambito della rassegna di teatro omoerotico Garofano verde ci chiedevamo in cosa potesse cambiare uno spettacolo che rasentava la perfezione. Dopo averne visto al Piccolo Eliseo di Roma la versione definitiva la risposta è stata chiara: in niente. Sono stati solo diluiti i riferimenti alle cornici narrative che, nello studio, cercavano di distribuire il magmatico flusso affabulatorio dello spettacolo, secondo le quali i protagonisti (tre ragazzi e una ragazza) attendono in un ospedale, o si trovano su di una casa gioco costruita su un albero, o su di un aereo, mentre mangiano un gelato (macadamia nut brittle, oltre al titolo dello spettacolo è un gelato alla vaniglia con noci macadamia caramellate).
Adesso invece il testo una compulsiva ondata di monologhi, a volte distribuiti a più voci, di giovani adolescenti americani, ragazzi e ragazze (il cui immaginario collettivo è stato in parte adeguato a quello italiano) accomunati dalla passione sessuata per l'uomo prende coerenza dalla drammaturgia.
Macadamia racconta di ragazzi che praticano sesso non protetto con la stessa poetica naïveté con cui cercano di conquistarsi l'un l'altro, ragazze che continuano ad amare uomini che le maltrattano, ragazzi che, nell'esigenza di essere al centro dell'attenzione, si sentono vivi e accettati solo quando provano dolore, ragazze e ragazzi che immaginano improbabili storie d'amore durante incontri di sesso, cercando sempre di cambiare, per piacere al prossimo. Questo mondo di marchette, di promiscui, giovanissimi, magrissimi e bellissimi ragazzi, amati, concupiti da entrambi i sessi sono emanazione della mente sessuomane e lisergica di Dennis Cooper (ultracinquantenne scrittore americano, nonché blogger i cui romanzi sono pubblicati in Italia da Einaudi, Playground, Fazio e Marco Tropea). Questi personaggi si sono scontrati con la fervida immaginazione drammaturgica di Ricci/Forte che hanno forgiato questo magma narrativo in una forma spettacolo originale, ambiziosa e perfettamente riuscita.
I quattro attori (tre uomini e una donna) si muovono sempre a vista, rimanendo in scena anche quando non tocca a loro recitare, a sottolineare che l'aspetto performativo degli attori è l'elemento primario dello sviluppo drammaturgico dello spettacolo. Due microfoni ai lati del proscenio vengono usati per recitare alcuni monologhi, impiegando tutte le possibilità espressive della voce amplificata, parole (Anna Gualdo, che in un monologo racconta un incontro al buio nella campagna di Villalba di Guidonia, senza che chi le ha dato appuntamento si presenti, passa dal sussurrato al gridato con estrema bravura e precisione) e rumori, i suoni organici della bocca (labbra, lingua, deglutizione) come esempio del proprio rumore dell'amore (quello evidente di una fellatio...)
Chiamando gli attori a esecuzioni al limite delle possibilità umane per resistenza fisica e anche emotiva, Stefano Ricci e Gianni Forte chiedono loro di tutto: Anna Gualdo viene percossa, legata, strattonata, le vengono tirati i capelli, applicate delle mollette da stendere sul corpo, mentre i tre ragazzi si prestano a nudi integrali (mai gratuiti ma sempre funzionali alla drammaturgia), a complesse performance omoerotiche (mentre Andrea Pizzalis e Giuspeppe Sartori, sono concetrati in appassionati baci, Martio Toccafondi abbassa gli slip di entrambi inserendo nel solco delle natiche, dalla parte del manico, due coltelli, uno per sedere, che campeggiano come code acuminata), e vengono imbrattati di vinile rosso.
Ai racconti dei vari personaggi creati da Cooper Ricci/Forte oppongono un corrispettivo drammaturgico/performativo che va ancora più in profondità nell'analizzare i sotterranei percorsi di senso che sono messi in gioco nel portare ins cena questi adolescenti.
ll coniglio scuoiato vivo con impassibile tranquillità (un attore cui viene sfilato il costume come fosse la sua vera pelle mentre grida di dolore e poi canta, stramazzato a terra, Minuetto), il canto in playback allegro e spensierato mentre si viene sporcati di un liquido rosso e vischioso che ricorda subito il sangue, il finale dove tutti gli attori indossano le teste di gomma raffigurnati la famiglia Simpson, rimanendo ognuno nella propria tenda da campeggio, sono dei corrispettivi visivi che parlano direttamente all'anima degli spettatori.
Macadamia Nut brittle è una macchina scenica all'interno della quale i personaggi di Cooper possono giocare, un approccio ludico alla vita declinato secondo stilemi di libertà, mutuata da quella dei personaggi televisivi con i quali immedesimarsi, che è la vera cifra esistenziale di una solitudine collettiva cui i vari personaggi sono costretti proprio da quell'immaginario tramite il quale sperano di emanciparsi, perchè, fuori dall'infanzia temno tutti, come dice uno di loro, che il futuro sia già finito. Le storie di Macadamia parlano allo spettatore di quei figli e fratelli, figlie e sorelle molto più simili e vicini a lui (a lei) di quanto sia normalmente disposto ad ammettere. Gli parlano di se stesso.
Anna Gualdo, in stato di grazia, ha l'onere di sostenere la presenza femminile in uno spettacolo altrimenti tutto coniugato al maschile, riuscendo a imporsi anche se è una sui tre attori i quali sono nudi davanti allo spettatore anche quando sono vestiti perchè sanno mostrare la loro anima con la stessa candida mancanza di pudore di quando si spogliano.
Macadamia Nut Brittle è uno spettacolo che non si dimentica facilmente impartendo una bella lezione di modestia a onguno di noi ricordandoci come siamo tutti molto più comuni di quanto non abbiamo la presunzione di credere.
MACADAMIA NUT BRITTLE
Il futuro è già finito
Visto il
18-05-2010
al
Piccolo Eliseo Patroni Griffi
di Roma
(RM)
Macadamia Nut Brittle