Un allestimento tutto basato sul simbolo, quello pensato da Emma Dante per il Macerata Opera Festival, uno spettacolo di qualità e d’effetto che presenta più di un retrogusto siciliano.
Il rosso e il nero, il sangue e le tenebre dell’anima, la sacralità del rito con tutto il suo apparato evocativo sono i protagonisti assoluti di un Macbeth d’effetto che presenta più di un retrogusto siciliano.
La simbologia del sacro
Un allestimento tutto basato sul simbolo, quello pensato da Emma Dante per il Teatro Massimo di Palermo, ora protagonista del secondo titolo in cartellone per il Macerata Opera Festival, uno spettacolo di qualità presentato anche al Festival di Edimburgo dove ha vinto il premio Herald Angel.
Molto semplice, ma pregno di significati l’apparato scenografico di Carmine Maringola: grossi cancelli mobili a forma di ventaglio e sormontati da punte dominano la scena e si spostano a seconda delle esigenze, mentre altri elementi, sempre metallici ma componibili, costruiscono troni e scalinate. Macbeth si palesa su uno scheletro di cavallo che ricorda i trionfi della morte; Duncano una volta ucciso viene portato in scena e lavato, quasi fosse un Cristo deposto, così da mettere in evidenza la sua condizione di vittima innocente; Lady Macbeth durante la sua follia insegue una serie di letti bianchi ma da essi è bloccata; le streghe che all’inizio copulano selvaggiamente con satiri superdotati sotto un enorme lenzuolo macchiato di sangue, partoriranno poi una progenie di pargoli e diverranno madri.
La Sicilia ritorna nella foresta di Birnan in cui gli alberi sono simboleggiati da una serie di fichi d’India, oltre che naturalmente nella rappresentazione estrema delle passioni, nella contemplazione esteriorizzata della morte che ben si adattano alla tematica della tragedia in corso. Fondamentale il ruolo dei ballerini, che si muovono ad effetto secondo le coreografie pensate da Manuela Lo Sicco, e che danno un contributo molto forte alla rappresentazione visiva del dramma. Belli i costumi senza tempo dai colori bruniti di Vanessa Sannino.
Musica e passione
Francesco Ivan Ciampa è molto attento al rapporto buca/palcoscenico e alla dimensione passionale del dramma; nonostante qualche intemperanza dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana, egli riesce a tenere ben sotto controllo la situazione, alla ricerca sempre di un suono ricco e tornito, a tratti forte e violento come le passioni mese in scena dalla Dante. Saioa Hernandez è una Lady Macbeth autoritaria, solida in tutti i registri, dotata di voce piena e tornita che brilla per estensione ed ampiezza.
Roberto Frontali è un Macbeth dilaniato dal dubbio che, al netto di qualche asprezza in acuto e di un timbro che non sempre appare felicissimo, mostra grande cura per il fraseggio e un notevole senso musicale.
Ottimo il Banco di Alex Esposito, al debutto nel ruolo, si fa forte della sua grande capacità interpretativa e delle innegabili doti vocali evidenziate dalla vellutata brunitura del timbro e dalla potenza del mezzo. Buono il Macduff di Giovanni Sala, meno a fuoco il Malcom di Odrigo Ortiz. Adeguata nel complesso la prova del Coro.