il “Macbeth” di Muti: una tragedia senza tempo sull'ambizione e sul potere

Riccardo Muti
Riccardo Muti © Silvia Lelli

Prima a Firenze, subito dopo a Ravenna. Riccardo Muti ha presentato il suo ultimo Macbeth, pensato per festeggiare i 50 anni giusti dal debutto al Maggio Musicale, del quale dal 1969 sino al 1981 è stato direttore stabile – riportando un'orchestra in declino ai fasti di un tempo - e responsabile musicale. Ovviamente con la splendida compagine fiorentina, affiancata da un coro preparato con amorevole solerzia da Lorenzo Fratini.

Un legame d'antica data

Che tra Riccardo Muti e Giuseppe Verdi intercorra da sempre un legame radicato, ed un amore schietto del maestro napoletano verso quello di Busseto, non è un mistero. Sono due cose che hanno sempre dato esiti importanti. Però, con il passare degli anni l'atteggiamento del primo è in qualche modo cambiato. E' stata man mano cioè dismessa la stretta osservanza toscaniniana degli esordi, che suggeriva tempi serrati e asciuttezza drammatica, e che sacrificava un po', nel nome del rigore esecutivo, certe piccole libertà esecutive. Vedi i tempi rubati, la varietà di fraseggi, certi rallentando, l'abbandono pieno al flusso narrativo.
Man mano però il Verdi che Muti proponeva non è stato più così tetragono: da una parte, resta il severo rigore esecutivo, la ricerca del suono perfetto, la massima attenzione ai dettagli, la scultorea enfasi drammatica; ma dall'altra, scopriamo un intrigante abbandono melodico, la bellezza interiore di certi ripiegamenti lirici, l'ammaliante fluire narrativo, la maggiore dovizia di colori che escono dalla sua bacchetta.


Letture verdiane sempre esemplari

Ed è così che nascono meraviglie come il Falstaff ravennate del 2016 – un cesello di atmosfere e di equilibri sonori – o come questo possente Macbeth arrivato di volo al PalaDeAndrè di Ravenna. Sempre in forma di concerto, il che non è poi un gran male. Perché senza scene e senza regie di mezzo – magari forvianti – si coglie ed apprezza al meglio il fluire musicale di un'opera, e si colgono gli indiscutibili pregi di questa esecuzione: enfasi narrativa poderosa, a conferire rocciosa sodezza al protagonista, e tetra malia alla Lady; e poi spettacolare resa delle cupe atmosfere della trama shakespeariana, tenuta ritmica magistrale, minuzioso scavo del particolare, precisione millimetrica di coro ed orchestra, accordo con i cantanti assoluto.


Ed ecco gli interpreti

Luca Salsi sta facendo di Macbeth un cardine della propria carriera: ne coglie tutta la tormentata psicologia, ne sviluppa con denso vigore – nel nobile stile come nella generosa colonna di fiato - la tormentata linea vocale. Vittoria Yeo ritaglia con meticolosa attenzione la sua Lady, ferina e volitiva, ad onta di qualche pochezza nel registro basso. Il grumo doloroso e inestricabile dell'aria di Macduff è sciolto da Francesco Meli in un profluvio di tenero lirismo; Riccardo Zanellato inietta una grande dose di energia e virile consistenza alla figura di Banco. E, manco a dirlo, tutte le parti minori son scelte con cura: Antonella Carpenito (la Dama); Riccardo Rados (Malcom); Vito Luciano Roberti (il domestico); Adriano Gramigni (il medico); Giovanni Mazzei (il sicario); E.M. Naccarato (l'araldo).


Spettacolo: Macbeth
Visto al PalaDeAndré di Ravenna.