Per una qualche coincidenza, dai video ipertecnologici della Walküre appena vista a Firenze siamo passati alle storiche proiezioni del Macbeth in scena a Genova ideate da Josef Svoboda, scenografo praghese che inventò all’inizio degli anni ’60 la tecnica della “Laterna magika” sviluppando per primo effetti di luce e controluce. Si tratta di una messinscena ancora attuale e di forte impatto visivo (il merito va anche a Benito Leonori che ha ricostruito con cura l’impianto scenografico), efficace a tradurre l’incubo esistenziale ed il mistero che caratterizzano l’opera verdiana.
Otto grandi stendardi dalla superficie scabra vengono issati sulla parete di fondo costituendo delle quinte che ospitano giochi di proiezioni e controluce: si fanno cupe mura acquistando la matericità di una pietra scistosa, sono schermi che rimandano immagini in bianco e nero di teschi e massacri o lingue di fuoco di una corona, per diventare poi trasparenti come veli e mostrare in controluce gli spettri che affollano la mente di Macbeth. Durante la scena del banchetto i teli funzionano da specchi sghembi in cui si confondono le immagini dei presenti con quelle dei fantasmi retrostanti, in un continuo fluttuare fra realtà e allucinazione che genera straniamento in assoluta sintonia con quanto espresso da testo e musica.
La regia di Henning Brockhaus enfatizza ulteriormente la componente “oscura” dell’opera, facendone un dramma nero dominato dal male assoluto di cui è particolarmente accentuato l’aspetto inconscio. Oltre all’uso di luci livide (firmate dallo stesso Brockhaus) altri elementi concorrono a creare un clima allucinato: le parole della lettera vengono contemporaneamente declamate da Macbeth e dalla Lady in un gioco di echi e sovrapposizioni che sottolineano l’ossessione; non a caso la Lady è sempre attorniata da un grappolo di spiriti maligni e striscianti, che ne accentuano (talvolta eccessivamente) l’aspetto demoniaco, funzionando anche da Erinni. Tutti i volti sono ricoperti da un cerone bianco dove il trucco, negando ogni espressione naturale, ne accentua la tragicità di maschere, mostri, spettri. Anche delle streghe è sottolineato l’aspetto infernale: vestite di stracci, col volto coperto da maschere, si lanciano sui cadaveri con movimenti efferati e anche il loro canto è marcato da un parlato decisamente drammatico. Le apparizioni delle streghe, oltre che da proiezioni allusive a un mondo naturale in preda alla furia degli elementi, sono accompagnate dalle suggestive evoluzioni di due acrobate lungo due veli calati dall’alto: il soprannaturale s’intreccia all’inconscio.
Nella recita a cui abbiamo assistito il ruolo della Lady è stato interpretato da Tiziana Caruso a cui va riconosciuta un’indiscutibile presenza scenica e una capacità di presa emotiva sullo spettatore; del canto si apprezzano slancio e fraseggio espressivo e la voce, non esente da asprezze (il registro centrale vorrebbe maggiore pienezza), contribuisce a rendere il personaggio particolarmente spigoloso e disumano.
Il Macbeth di Vittorio Vitelli ha voce morbida e omogenea che trova i momenti migliori nei cantabili ed in particolare nello struggente “Pietà”, ma difetta un po’ di potenza e il personaggio non è completamente approfondito sul piano psicologico. Da seguire per la bella voce da basso profondo il giovane Andrea Mastroni, un Banco autorevole e partecipe che canta la sua grande aria giocando con il figlio rischiarando per un attimo la cupa atmosfera. Apprezzabile e dotato di slancio il Macduff di Rubens Pelizzari, la cui sentita “Ah la paterna mano” strappa l’applauso. Non sempre a fuoco il Malcolm di Vincenzo Costanzo. Fra i comprimari si distinguono per precisione Sara Cappellini Maggiore nel ruolo della Dama di Lady Macbeth ed il Medico di Francesco Verna. Alessandro Pastorino è il Domestico.
Ottima la direzione di Andrea Battistoni, avvolgente e ricca di colori, capace di restituire l’impeto del primo Verdi ma sempre al servizio del canto, di cui mette in rilievo inflessioni e fraseggio sottolineando le parole chiave ai fini del racconto. Complessivamente buone (a parte qualche imprecisione negli attacchi) le prove dell'orchestra e del coro, particolarmente coinvolto a livello scenico.
Pieno successo per tutti, unica nota dolente la scarsa affluenza di pubblico: la qualità dello spettacolo avrebbe meritato molto di più.