Lirica
MACBETH

Macbeth ovvero il male dell'uomo

Macbeth ovvero il male dell'uomo

Macbeth alberga in un mondo oscuro e truce dove regna senza pietà nel suo antro  lordo di sangue. E' un re usurpatore attorniato da malefici cortigiani, nani deformi, soldati che paiono scuoiati vivi. Una crudeltà che si s'insinua nell'animo umano che sia carnefice o vittima, non fa differenza. Lady Macbeth è terribilmente malvagia quanto inconsapevole di esserlo. La sua indole è frutto di un inconscio irrisolto agendo sulla debolezza e ignavia di  Macbeth, costringendolo a commettere azioni criminali orribili. Il male  è devastante e non c'è speranza di vincerlo, fa capire il regista Giancarlo Cobelli, autore di uno spettacolo affascinante tutto virato su tinte fosche, lugubre, popolato da fantasmi, uomini e donne schiavi di un potere ossessionato. Eros e Tanatos che genera e crea mentre il suo opposto distrugge. In un antro claustrofobico e soffocante va in scena la carneficina di massa, il tradimento, il rito barbarico. Non c'è limite all'aberrazione umana in questo Macbeth. Tutto è lecito purché ci si appropri del trono, del corpo, dell'anima. Senza doversi celare dietro a nulla. Il nudo esibito è sinonimo di sfrontatezza senza pudore, ma anche fragile nel suo svelarsi privo di una corazza. Il diavolo androgino ci dice che la natura umana si può nascondere tra le pieghe di un'identità di genere non definita. Qui si manifesta in un periodo atemporale, o tutto al più in un epoca di scorrerie barbariche. Il libretto originale di Francesco Maria Piave fu rielaborato successivamente  da Andrea Maffei dove si evince una forte assonanza con il testo di Shakespeare.
La brutalità dell'uomo è però  (anche) la stessa del nostro quotidiano e contemporaneo mondo civilizzato. L'allestimento (scene e costumi di Carlo Diappi) proveniente dal Teatro Comunale di Modena si basa su un semplice perimetro nero su pedana contornato da passerelle di legno, botole, voragini oscure dove emergono e scompaiono diavoli, corpi nemici, teste mozzate. Ai lati disposti su due gradinate il coro  (il lirico Amadeus di Modena) maschile e femminile, divisi e tenuti statitici per tutto il tempo dell'opera. Scelta opinabile e funzionale per lasciare lo spazio scenico (ridotto) ai solisti e comparse, mentre viene meno il ruolo “fisico” di entrare nell'azione e nei momenti topici del dramma. Vestiti di semplici abiti neri da lutto, come una sorta di presenza-assenza, viva solo attraverso la voce. Il regista privilegia l'azione scenica con il contributo dei solisti e dei mimi, legati dentro un immaginario ring. La direzione di Aldo Sisillo alla guida dell'Orchestra regionale dell'Emilia Romagna non offre un contributo significativo all'azione sul palco. Non si evince il lampeggiare furibondo che crea l'alone drammatico intorno alla vicenda così cupa. Tende a smorzare più che esaltare. C'è quasi un diverso modo di intendere la lettura della partitura musicale dall'idea registica sul palcoscenico. Due stili diversi che fanno fatica a trovare una fusione omogenea.  Il coro è ben preparato da Stefano Colò. Piace e convince a pieno  Susanna F. Branchini, dotata di un'ottima estensione vocale, espressivo, si cimenta in un ruolo drammatico dove è richiesta potenza ed elasticità. Al canto unisce doti di attrice calata perfettamente nel suo ruolo. Dario Solari è un possente Macbeth, si pone bene pur denotando qualche incertezza. Bene Pavel Kudinov (Banco) e il Macduff di Roberto Iuliano. Un Macbet visionario, pessimista fino alla fine, irrimediabilmente tragico senza la luce che rischiara la notte dell'umanità.

 


 

Visto il 11-03-2011