Cartoline e acquerelli dal Giappone

Cartoline e acquerelli dal Giappone

L'allestimento utilizza il libretto della versione di Brescia, che poi il compositore rimaneggiò più volte fino ad arrivare alla versione nota, e riprende una produzione di qualche anno fa del regista Giulio Ciabatti con scene e costumi di Per Paolo Bisleri per il Teatro lirico Verdi di Trieste. Scene e regia molto funzionali, nel solco della tradizione, minimali, ma in cui non manca nulla, delineando lo scenario immaginativo dell’interno e dell’esterno della casa sulla collina di Nagasaki col ciliegio e le porte a soffietto. Le scene producono il suo effetto delicato e l’inserimento di leggere videoproiezioni danno un’idea di un paesaggio acquerellato. Molto belli i costumi che immergono nel contesto tradizionale del Giappone; ci è sembrato però fuori contesto quello dello zio bonzo, un samurai furioso e misterioso uscito da un manga piuttosto che monaco buddista, ma senza dubbio serviva per rendere la psicologia della breve comparsa del personaggio. Ciabatti tratteggia comunque molto bene i personaggi, non tralasciando nulla e ispirandosi idealmente alla tradizione giapponese del teatro “No”, come appare bene nel personaggio di Goro, seducente, onnipresente e infido. Ma quello che sottolinea Ciabatti, grazie alla versione del 1904, è il divario insanabile tra Oriente e Occidente, tra due mondi che contrappongono valori diversi: il Giappone del sogno idealizzato, che Puccini realizzò attraverso un viaggio fatto di cartoline e immagini.

La direzione musicale di Giampaolo Bisanti è risultata ineccepibile, dimostrando un vero dominio della partitura e il controllo dell’orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano. La scelta di riproporre nel 110° anniversario (proprio per l’inaugurazione della stagione di Brescia di quest’anno) la versione bresciana, può lasciare perplessi e non fa rimpiangere i tagli e le modifiche successive ma indubbiamente fa comprendere meglio alcune situazione che nella definitiva vengono sottintese. La direzione di Bisanti ha saputo cogliere tutti i colori dell’opera, travolgendo il pubblico di emozioni e tensione drammatica.

Nel ruolo del titolo Cellia Costea possiede una vocalità interessante, matura e corposa; ha evidenziato un talento drammatico veramente eccezionale, dando vita ad un dramma personale intenso ed espressivo; possiede un registro acuto di tutto rispetto che ha mantenuto costante per tutta l’opera; da migliorar indubbiamente la coloritura che rischia di diventare un po’ troppo monocroma. Giuseppe Varano è un Pinkerton non sempre all’altezza delle aspettative: lo strumento vocale non sempre è udibile in pieno e la voce tende a rivelarsi piccola. Impeccabile Giovanna Lanza in Suzuki; possiede una emissione vocale sorvegliata e riesce ad entrare in pieno nel personaggio senza ingombranti eccessi. Tra le voci della serata emerge indubbiamente il Goro di Saverio Pugliese che finalmente affranca il personaggio da voci querule e poco credibili; il timbro è adatto e il personaggio tratteggiato con finezza ed espressività. Anche Domenico Balzani in Sharpless si segnala per la bella voce e l’eleganza scenica. Ricordiamo inoltre Manrico Signorini (Zio Bonzo), Antonio Barbagallo (Principe Yamadori e Commissario imperiale) e Mattia Rossi (Ufficiale del registro). Più che discreta la prova del coro del Circuito Lirico Lombardo, diretto dal maestro Antonio Greco.