Lirica
MADAMA BUTTERFLY

Cio-Cio-San DOC

Cio-Cio-San DOC

In chiusura di stagione il Teatro Regio di Parma presenta Madama Butterfly nell’allestimento firmato da Giulio Ciabatti per il Teatro Lirico di Trieste con scene e costumi di Pier Paolo Bisleri. Si tratta di una produzione tradizionale in senso buono che ricrea un Giappone, o meglio una Butterfly, vicina al nostro immaginario: pannelli giapponesi scorrevoli da un lato  e un ramo di ciliegio in fiore dall’altro inquadrano una scena vuota in parte rialzata da piattaforme lignee con pochi, ma pertinenti, oggetti che, nel corso della vicenda, si caricano di significati e ricordi. La parete di fondo è animata da videoproiezioni (video di Antonio Giacomin) che lasciano immaginare  tetti spioventi in lontananza e delicati calligrammi su sfondi cerulei. Efficace il  light design di Claudio Schmid che, in apertura, crea la giusta atmosfera giapponese facendo materializzare oltre il velatino (su cui è impressa una gigantografia di geisha tratta da una stampa antica) figure femminili dai kimono variopinti e ricamati che generano disegni circolari coi loro movimenti delicati e il ruotare di parasoli di carta. Il variare delle luci marca soprattutto gli snodi drammatici: la scena si tinge di una luce livida e tagliente quando Cio-Cio-San allude alla morte del padre; quando irrompe lo zio Bonzo bagliori cupi e drammatici accendono i personaggi e le stelle sono lumini disposti su aste movimentate da comparse nel buio. Mentre Cio-Cio-San, Suzuki ed il bimbo sono inginocchiati e  immobili nell’attesa notturna, cala un sipario dall’alto a ridurre il campo visivo  e il coro muto è un lamento contro un muro nero con davanti un fiore bianco e un porta ritratto. La regia coglie, a partire dal movimento scenico differenziato, l’abisso che divide due culture così distanti, quella orientale e quella occidentale. La difficoltà di contatto è ravvisabile anche  nei rapporti fra Pinkerton e Cio-Cio-San, più asciutti che carezzevoli, per il pudore orientale di lei e la superficialità di lui.

Come si evince dal nome, Yasko Sato è giapponese e quindi credibile a priori, ma ci piace perché decisamente coinvolta nel ruolo e capace di esprimere, coi movimenti delle mani, l’andatura da orientale e le lacrime che ne imperlano il volto di madreperla, dolore e sottomissione. Sorprende l’ottima pronuncia e la varietà di inflessioni e sfumature; la voce dalla natura decisamente lirica è luminosa e ricca di morbidi abbandoni, ma mostra qualche tensione nei passaggi di forte scarto drammatico. Angelo Villari è un Pinkerton apprezzabile, la voce è piacevole per timbro e ha un’omogeneità di emissione che gli consente di risolvere con sicurezza i passaggi più spinti. Damiano Salerno è uno Sharpless dalla voce baritonale chiara e fraseggio curato, ma scenicamente piuttosto compassato. Bene la Suzuki intensa e partecipe di Silvia Beltrami  dalla voce scura e corposa. Si apprezza del Goro di Andrea Giovannini una interessante materia vocale. Meno a fuoco Lo Zio Bonzo di Daniele Cusari. Matteo Mazzoli dà voce a un Yamadori sensibile. Leonora Sofia è una Kate Pinkerton riservata e interpreta anche la madre di Cio-Cio-San. Concludono adeguatamente il cast Jeong Hwang (Commissario imperiale), Adriano Gramigni (nel doppio ruolo di  Yakusidè e dell'Ufficiale del registro) ,Lorelay Solis e Hitomi Kuraoka (rispettivamente la zia e la cugina) ed infine il piccolo Diego Ilariuzzi nel ruolo del figlio.

Asciutta ed equilibrata la direzione di Francesco Lanzillotta nel cogliere le diverse tinte e spessori della partitura senza mai prevaricare il canto. Coerenza espressiva  e capacità narrativa rendono la vicenda viva e pulsante con un corretto uso della dinamica, fra giuste impennate e momenti di ripiegamento, senza indulgere nel manierismo lezioso o nel facile effetto. Decisamente buona la prova dell’orchestra. Precisissimo e di grande musicalità il coro del Regio preparato da Martino Faggiani, giustamente applaudito dal pubblico dopo un coro muto struggente e malinconico.

Un teatro pieno e soddisfatto ha tributato pieno consenso allo spettacolo  rivolgendo calorosi applausi alla protagonista e al direttore.

Visto il
al Regio di Parma (PR)