La stagione lirica di tradizione di Jesi (l'unica in Italia ad avere luogo in una città non capoluogo di provincia) ha in cartellone due titoli di grande richiamo, “Madama Butterfly” e “Il trovatore”, e due operine in un atto di Jacques Offenbach, “Pomme d'Api” e “Monsieur Choufleuri restera chez lui le...”, in questo modo rispondendo alle richieste del grande pubblico e di chi ha invece desiderio di ascoltare opere più rare.
La Madama Butterfly proposta in apertura di stagione, un allestimento del teatro Comunale di Bologna, segue la tradizione in una scenografia rigorosa e semplice di Giada Tiana Claudia Abiendi. Nel primo atto alcune canne di bambù rosso lacca sono disposte in modo da suggerire l'idea di un minuscolo tempio giapponese, posizionato sopra una pedana da cui si dipartono passerelle appoggiate su pietre e dunque, si suppone, circondata dall'acqua. Nel secondo atto i bambù rosso lacca spuntano dalle tavole del palcoscenico evocando una sorta di canneto, mentre le passerelle sono disarticolate dalla pedana centrale. Una chiusura di sipario tra secondo e terzo atto consente un ulteriore cambio di scena per il finale: le canne rosso lacca sono sparite, rimangono solo le passerelle che, scollegate tra loro e con la pedana centrale, concretizzano il senso di isolamento di chi è amato senza essere corrisposto, di chi ha trascorso tempo in attesa di qualcosa che non arriva.
Le belle luci di Fabrizio Gobbi sono funzionali all'allestimento. I costumi di Massimo Carlotto situano la scena in Giappone nel primo Novecento e consentono una datazione e una collocazione geografica più precisa rispetto alla scenografia.
La regia di Fabio Ceresa vorrebbe sottolineare due caratteri opposti nei protagonisti, l'attesa e la realtà concreta, come anche le due sponde del Pacifico (così nelle note di regia nel programma di sala), ma non è particolarmente incisiva, consentendo di seguire l'azione senza particolari originalità, tranne il momento del coro, in cui la protagonista, inginocchiata in proscenio, immagina l'arrivo di Pinkerton, effettivamente è in scena, il quale si stende vicino a lei e le posa la testa in grembo: un momento di affetto e tenerezza che giustifica ancor più la scelta finale.
Il giovane Nicola Marasco dirige l'orchestra filarmonica marchigiana in modo non omogeneo nei tempi e nei volumi del suono. Liudmila Slepneva è una Butterfly di notevole allure, un fascino algido e raffinato per una geisha di aristocratica bellezza, irresistibile; la voce è bene impostata e la dizione corretta, nonostante qualche carenza nel registro centrale e i fiati non sempre abbastanza lunghi. Valter Borin è un Pinkerton attorialmente convincente; la voce è di bel colore ma tende a perdersi in basso. Rosa Bove è una corretta Suzuki, Marcello Rosiello un corretto Sharpless. Meno incisivo il Goro di Paolo Cauteruccio; vampiresco lo zio Bonzo di Dario Russo; di rilievo Mattia Olivieri (Commissario Imperiale e Yamadori). Con loro Miriam Artico (Kate Pinkerton), Roberto Gattei (zio Yakusidè), Alessandro Pucci (Ufficiale del Registro), Mariangela Marini (madre di Cio-Cio-San), Marta Torbidoni (zia), Inna Savchenko (cugina), Nicholas Graham (Dolore) e il coro lirico marchigiano preparato da David Crescenzi.
Teatro tutto esaurito, molti applausi.