Giacomo Puccini trae la sua Butterfly dal dramma di David Belasco, sulla scia dell'Orientalismo dominante, soprattutto in pittura, da qualche decennio sulla scena culturale ma anche con desiderio di contemporaneità.
Damiano Michieletto è giovane e prolifico regista con una media di oltre due importanti produzioni l'anno, tutte connotate da una precisa scelta stilistica, quella di cogliere quanto di attuale c'è nelle opere, trasportate ai giorni nostri ma sempre nella coerenza con il libretto e la storia. In particolare l'approccio sembra funzionare con questa Butterfly di grande bellezza e di enorme potere emozionale. Butterfly è storia di turismo sessuale, evidente e innegabile: la protagonista ha appena quindici anni, Pinkerton la “compra” con una cerimonia fasulla, già pensando alla moglie americana.
La scena è ambientata in un angolo di Oriente, una qualsiasi città del sud-est asiatico, una periferia degradata di metropoli caratterizzata da grandi cartelli pubblicitari. Una strada sopraelevata crea al di sotto uno spazio, come dei bassifondi, rifugio per varia umanità, illuminato da colorate luci al neon. Al centro una scatola di vetro, una casetta dalle pareti scorrevoli e completamente trasparenti; dentro alcune ragazze (prostitute-bambine) in vetrina che si offrono in vendita, muovendosi come uccelli in gabbia in cerca di una via di uscita. Sono poco vestite, hotpants e calze a rete, hanno movenze languide e uno sguardo spento.
Arrivano gli stranieri, gli occidentali (rectius americani) ricchi che pensano di poter comprare tutto e tutti coi soldi, convinti che, grazie ai soldi, a loro tutto è concesso sol perchè hanno pagato. Collane di fiori al collo, macchina lussuosa bianca, vestiti eleganti e costosi di alta sartoria e cravatte sobrie: essi non sono di certo i turisti con pantaloni corti, ciabatte infradito e camicie a fiori, né assolutamente i viaggiatori sempre integrati con la realtà locale. Anzi, si notano subito, quasi con fastidio, stonando nel contesto urbano e sociale. Intorno alla casa-scatola trasparente vive la solita umanità di certi paesi: guidatori di rickshaw, commercianti ambulanti, venditori con sporte di plastica, quelle sporte che siamo abituati a vedere nelle immagini di cronaca, le buste di plastica pesante a scacchi coi manici e la cerniera.
Goro è un viscido magnaccia, Pinkerton cerca carne fresca e passa il tempo a palpare sederi e cosce, a infilare banconote nelle scollature, comportandosi come se tutto, per lui, fosse lecito e ammissibile. La canzone dello yankee vagabondo è accompagnata da un video che pare la pubblicità delle forze armate americane e, nel cantare “La vita ei non appaga se non fa suo tesor i fiori d'ogni plaga”, Pinkerton palpa schifosamente una prostituta-bambina che gli siede sulle ginocchia, poi un'altra, una via l'altra. Pinkerton canta “qual farfalletta – svolazza e si posa” e lancia in aria un paio di volta una Barbie, moderna, plastificata farfalletta con forme da pin-up. Cio-Cio-San ci crede all'amore e rimprovera gli amici di Pinkerton che ridono con fare beffardo, di sciocca e vuota superiorità (“Ridete? Perchè?”).
Cio-Cio-San è accompagnata dalla madre, che trascina dietro il misero trolley viola della figlia: la ragazzina è l'unico sostegno per la famiglia e la madre “favorisce” la sua prostituzione e la vendita al ricco straniero, il sacrificio di una per salvare la vita di molti. Cio-Cio-San gioca con le bambole, i peluche e un orsacchiotto di Hello Kitty dentro la casetta di vetro, per lei è “l'età dei giuochi... e dei confetti”, dicono Sharpless e Pinkerton. Pinkerton è davvero lontano dalla realtà locale, che non comprende e non rispetta: addirittura gioca con gli Ottokè.
Il matrimonio pare uno spettacolo inscenato per turisti danarosi e infoiati: il Commissario legge il proclama al microfono retto da Goro, artefice della pagliacciata. Pinkerton non si trattiene e subito bacia con foga Butterfly, poi distribuisce banconote a tutti, sotto gli occhi preoccupati del console. Immancabile la foto di gruppo con parenti ed amici, i beneficiari del sacrificio di Cio-Cio-San. Lo zio Bonzo arriva tuonando su una sedia a rotelle, Pinkerton lo colpisce e lui cade a terra, rovesciando la sedia a rotelle: il forte che approfitta codardamente del debole. Cio-Cio-San si rifugia nella casetta, gioca con bambole e peluche, bambola essa stessa (Pinkerton: “Pensar che quel giocattolo è mia moglie. Mia moglie!”); sale sul tetto della casa, Pinkerton è ancora dentro ad abbracciar bambole: quindi la raggiunge sopra, beve e beve alcolici. Lo struggente duetto del finale d'atto è sul tetto, mentre sotto è cominciato il lento movimento delle prostitute-bambine dentro il box-vetrina.
Il secondo atto si apre sulla stessa scenografia ma con un sentore di maggiore povertà e pozzanghere in terra. Cio-Cio-San tiene in gabbia un pettirosso come memento del ritorno del “marito”. Un'altalena, vuota, dondola lentamente. Le immagini sui cartelloni pubblicitari sono cambiate, ma sempre inerenti spettacoli sexy e offerte sessuali, in varie lingue, tra cui cinese e thailandese. Suzuki, pregando, sistema piantine nei vasi: il senso della concretezza e dell'appartenenza ai luoghi in un posto dove tutto è soffocato da cemento, asfalto.
Butterfly veste una t-shirt di Hello Kitty e dei poveri jeans, come quelli che portano spesso le immigrate cinesi e asiatiche, pantaloni da maxistore. Yamadori arriva in rickshaw con luccicanti borse della spesa, mentre in una controscena Goro fotografa ragazzine per il “catalogo”. Cio-Cio-San rivendica la sua scelta di vita, una scelta che l'ha ridotta in povertà (e così immaginiamo anche la sua famiglia): caccia via Yamadori e gli tira dietro quelle buste di negozio elegante, mentre egli risale le scale verso la sopraelevata e l'autista del rickshaw interviene di corsa a sua difesa.
Cio-Cio-San è sempre più nello sconforto; arriva ad immaginare che Pinkerton torni per fare le cose che lei vorrebbe lui le facesse: accarezzarle la testa, abbracciarla con tenerezza, affetto e comprensione, dondolarla sull'altalena. Aleggia sempre un presagio di solitudine incolmabile.
Il figlio torna da scuola con lo zainetto in spalla e le scarpe da ginnastica che si illuminano quando egli cammina. Nel confronto con il console, Cio-Cio-San lamenta di non voler tornare a fare la vita disonorevole della geisha: sui maxischermi scorrono in video le immagini in bianco e nero della cerimonia del trucco delle geishe. Rabbiosa, si scaglia contro Goro accusato di sparlare del figlio e si appropria della pistola accidentalmente caduta nella colluttazione. Butterfly regala al figlio una modellino di automobile e, nel “Tutto, tutto sia pieno di fior”, lei, Suzuki e il bambino con le mani lasciano scie colorate, fiori stilizzati sulle pareti di vetro della casa: “Gettiamo a mani piene mammole e tuberose”, le mani sono sporche di colori, poi lavate nella pozzanghera davanti casa.
Durante il coro in scena c'è solo il bambino, addormentato nella casa di vetro; figure silenziose portano barchette di carta con un lumino dentro e le appoggiano a terra intorno a lui; quando si sveglia, il bimbo porta le barchette sulla pozzanghera per vederle galleggiare, ma sopraggiunge una baby-gang che lo vede come il “figlio di nessuno” e si accanisce contro di lui. I ragazzini lo spintonano, stracciano le barchette di carta e gliele tirano addosso, umiliandolo.
Nel terzo atto Pinkerton arriva con la macchina, il “fil di fumo” è quello del tubo di scappamento. Pinkerton crede di risolvere tutto coi soldi: “Non posso rimaner, Sharpless, vi aspetto per la via. Datele voi qualche soccorso” mentre prende le banconote dal portafogli pieno. Intanto la moglie, bionda e in tacchi a spillo, borsetta a bustina e giacca leopardata, si aggira con fare schifato nella zona degradata: non la solita Kate remissiva e buona, ma “avida e crudele. Degna sposa del marito che abbiamo conosciuto. Mi verrebbe da dire anche sterile e che quel figlio ora verrà portato in America a fare l'università, così la signora Kate potrà raccontare alle amiche di averlo salvato dalla povertà e dalla miseria di quel piccolo paese asiatico, in cui sarebbe morto di fame” (Michieletto nelle note di regia). Kate cerca di pagare Cio-Cio-San ma lei strappa i soldi. Suzuki è sempre presente, come il coro nelle tragedie greche.
Il finale è senza pietà durissimo, lancinante per l'anima (come potremo vedere altre Butterfly da ora in poi?). Il bambino di spalle dondola sull'altalena, Cio-Cio-San si spara un colpo di pistola in testa, il bambino lo sente e accorre, trova la mamma a terra morta e si getta su di lei; arriva Pinkerton, il bambino impaurito si rifugia contro una parete, Pinkerton lo solleva a forza, il bambino scalcia, nella penombra si vedono le scarpe con le lucine che saettano; Pinkerton carica a forza il bambino dentro la macchina, lo scaraventa violentemente nel sedile posteriore vicino a Kate e la macchina riparte velocemente. Le luci dal fondo si accendono, fari accecanti sulla solitudine e la disperazione.
Damiano Michieletto racconta con felicissima mano questa brutta storia di turismo sessuale, attualissima, senza falsi pudori, senza reticenze né compromessi. Egli ha studiato in modo approfondito i caratteri ed i cantanti tutti sono bravi dal punto di vista attoriale. Stupefacente che la regia non abbia forzature e che la drammaturgia attualizzata abbia una forza comunicativa maggiore dell'originale. Qui nulla è gratuito o inutile, tutto è pensato, meditato alla perfezione con una cura meticolosa in ogni dettaglio, in ogni gesto, in ogni parola del libretto al punto che pare quasi sia stato adattato alla regia, tanto è bravo Michieletto.
La parte scenotecnica è perfetta e fondamentale per la riuscita dello spettacolo: le scene di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti, le luci di Marco Filibeck.
Pinchas Steinberg dirige in modo rigoroso l'orchestra del Regio con grande rispetto dei tempi e privilegiando, in linea con le scelte registiche, un suono asciutto che non cerca i facili e banali orientalismi ed evita la malinconia per evidenziare le ricchezze non scontate della pagina musicale. E la modernità anche della partitura ne esce vincente.
Hui He è straordinaria per aderenza al personaggio della protagonista ed i tratti somatici cinesi aumentano la suggestione: è la squillo minorenne vista in vetrina o forse comperata dal catalogo di Goro; la voce è estesa e luminosa, capace di rendere al meglio la vasta gamma di emozioni di una Butterfly di dolorosa umanità.
Massimiliano Pisapia è un prepotente e arrogante americano, un Pinkerton dei giorni nostri convinto che coi soldi si compra tutto, si ottiene tutto e che, grazie al potere del denaro, tutto diventi lecito; va da sé che il tenore tralascia le dolcezze del ruolo (che la regia non consente) ma è capace di suggestivi pianissimo che incantano (e ingannano, conseguentemente) le ragazze; molti gli accenti nel duetto del primo atto, affrontato con generosità.
Simone Alberghini è un umanissimo, contrito Sharpless, impacciato, preoccupato per quanto succede, lui che ha un ruolo pubblico istituzionale ed è evidente che si sente in colpa per quanto succede e non riesce ad impedire; il timbro è bello, l'intonazione precisa e il fraseggio molto curato.
Giovanna Lanza è una dimessa Suzuki, presentata non come una macchietta ma quasi con la statura del coro nella tragedia greca, sempre in scena a fare una sorta di controcanto alla protagonista. Gregory Bonfatti è il pappone Goro, un magnaccia insensibile. Riccardo Ferrari è lo zio Bonzo su sedia a rotelle: il gesto di Pinkerton di rovesciarlo a terra sa davvero di disprezzo per ogni debolezza. Paolo Maria Orecchia è uno Yamadori che ha poco di principesco e molto di borghese arricchito. John Paul Huckle è il commissario imperiale dall'accento straniero. Ivana Cravero è la cattiva Kate Pinkerton. Straordinario per capacità attoriale e commovente il piccolo Luca Bosso nel ruolo del figlio.
Con loro, appropriati: Franco Rizzo (zio Yakusidè), Marco Tognozzi (ufficiale del registro), Daniela Valdenassi (madre), Lourdes Martins (zia) e Laura Lanfranchi (cugina).
Puntuale la prestazione del coro, preparato da Claudio Fenoglio
Teatro esaurito per tutte e undici le recite, al punto che la Fondazione ha calendarizzato una ulteriore recita. Pubblico con qualche dubbio nell'intervallo, grande successo alla fine con tutti gli spettatori in piedi per scroscianti ed interminabili applausi.