Ci si chiede spesso se siano davvero solo i “folli” ad innamorarsi in modo totale e, sempre gli stessi, coloro che, abbandonati, non ce la fanno a proseguire. La vicenda della Butterfly è esemplare, anche nella messa in scena di Zeffirelli rispettosa del libretto, in scena in Arena per quello che può essere definito il “Festival Zeffirelli”: cinque opere in cartellone, tutte con scene e regia di Zeffirelli.
Il palcoscenico è dominato da una montagna rocciosa, in proscenio cespugli verdi e fioriti e un nugolo di attendenti addetti alle pulizie e alla cura del verde. Lo sfondo è chiuso da una parete di veneziane con disegnati bambù. Un piccolo Buddha è scolpito nella roccia, chi passa sosta per pregare o si inchina, anche i marinai americani. Il palcoscenico è sempre affollato di figuranti che vanno di qua e di là. Poi la roccia di apre in due ed avanza la casetta di Butterfly con le sue deliziose figurine nei costumi bellissimi e sontuosi di Emi Wada. Lo zio Bonzo tuona da sopra la roccia. All'inizio del duetto tra Cio-Cio-San e Pinkerton si illuminano dall'interno lanterne a forma di casetta. L'americano è preso dalle usanze giapponesi e indossa una vestaglia da casa con ciabatte infradito sui piedi fasciati dai calzini bianchi. Butterfly in bianco totale, tessuto leggerissimo, pare davvero una farfalla che volteggia, felice. Nel finale d'atto le luci si abbassano, si aprono le veneziane rivelando sulle gradinate oltre il palco una cascata d'acqua scintillante.
Il secondo atto non porta cambiamenti: Cio-Cio-San è in kimono e la casa la stessa di prima, anche nell'arredo, nessun segno che gli occupanti si stiano americanizzando. Poco efficace la scena dell'attesa: la casa scompare dietro la roccia, riappare la cascata sullo sfondo e strane figure si aggirano nella penombra come fantasmi o streghe.
Nel terz'atto Kate Pinkerton è sopra la roccia, come lo zio Bonzo: accomunati dai ruoli di minaccia per la protagonista, occupano la stessa collocazione. Cio-Cio-San indossa l'abito bianco della prima (e unica) notte d'amore e svolazza qua e là, coi veli bianchi ondeggianti, ancora farfalla, ma ora addolorata, che sbatte le ali in cerca di un muro contro cui schiantarsi.
Nel finale torna lo scoglio dei fantasmi: la casa arretra, la roccia si richiude, svolazzano quelle strane figure indefinibili.
Antonio Pirolli dirige l'orchestra con solido mestiere e rispetto dei tempi, valorizzando le sonorità nonostante il suono giunga attutito rispetto alle voci.
Nel ruolo del titolo Svetla Vassileva si distingue per una interpretazione di grande interiorità ed espressività; la voce è usata nel modo migliore possibile e trasmette profonde e consapevoli emozioni. Carlo Ventre è un Pinkerton dalla voce venata di malinconia, che ancor più attira la ragazza nella rete. Ivan Inverardi è un imponente Sharpless dalla voce suggestiva. Rossana Rinaldi tratteggia Suzuki evidenziandone la personalità ed il ruolo nella vicenda. Saverio Fiore è un misurato Goro.
Con loro Maria Letizia Grosselli (Kate Pinkerton), Luigi Mancini (Principe Yamadori), Victor Garcia Sierra (zio Bonzo), Fabio Bonavita (commissario imperiale), Daniele Cusari (ufficiale del registro), Asude Karayavuz (madre), Simge Buyukedes (cugina).
Il coro, preparato da Giovanni Andreoli, è efficace, chiamato al palpitante momento dell'attesa.
Diversi settori in Arena con molti posti vuoti, vivo successo ed applausi prolungati per tutti.