Torna in teatro Madre Courage, una delle opere leggendarie del Novecento. Tratta dal celebre testo di Bertolt Brecht ispirato al personaggio di una truffatrice vagabonda.
Torna in teatro Madre Courage, una delle opere leggendarie del Novecento. Tratta dal celebre testo di Bertolt Brecht ispirato al personaggio di una truffatrice vagabonda di cui scrisse a metà del Seicento Hans J. C. von Grimmelshausen, la produzione Società per Attori/Fondazione Teatro Metastasio di Prato sceglie di far risuonare il canto basso di questa donna che s’arrangia e sopravvive.
A impersonare Anna sul palco è Maria Paiato, attrice veneta vincitrice lo scorso settembre (2019) del premio “Le Maschere del Teatro italiano”, diretta da Paolo Coletta. Con lei, una compagnia di nove attori impegnati a rappresentare anche più ruoli, in questo racconto dal tratto epico che parla, in un modo stranamente attuale, di un’Europa in fiamme.
Madre coraggiosa, non madre dolorosa
Sul palco, una struttura inclinata e buia, riflettente, sovrasta gli attori. Ha un cratere nel mezzo che diventa luna, ma anche occhio, megafono e poi voragine. I costumi confezionati da Teresa Acone parlano di miseria, di polvere e di esilio tranne una lunga pelliccia finta di un rosso sangue indossata da Anna all’inizio e nel finale, che sembra dichiarare con orgoglio la sete di vita ferina, tutta istinto, che la muove.
C’è tanta musica nello spettacolo, suonata con tromba, chitarra e fisarmonica e poi cantata soprattutto da Maria Paiato con voce mascolina, potente — la partitura musicale è tratta dalle opere di Paul Dessau. La Madre Courage che viene raccontata qui è davvero al di là del bene e del male; per contagio, non suscita partecipazione emotiva né compassione, perché lei per prima sembra non provare alcun sentimento, nonostante la morte dei tre figli e lo sfruttamento palese di cui è stata vittima. L’unico linguaggio che conosce, quello del malaffare, ne fa una carnefice tra i carnefici.
Non è una madre dolorosa, è una madre capace di rinnegare il figlio morto, per restare in vita: è l’annientamento dell’umanità, una delle grandi tragedie provocate dalle guerre. Il cappellano e il cuoco, rispettivamente interpretati da Mauro Marino e Giovanni Ludeno, stanno a ricordare la femminilità di questa donna mercantile che a fine spettacolo invoca il ritorno della guerra.
Niente carro: l’ossessione per la roba è la malattia degli indifferenti
Non si avverte l’assenza del carro di Madre Courage sul palcoscenico, quasi sempre elemento fisso delle scenografie in tante rappresentazioni dal dopoguerra a oggi, anche a simulare il suo ruolo di traghettatrice di miserie — una sorta di carro da appestata.
La malattia senza speranza che dichiarano parole e azioni di Anna Fierling, a dispetto del suo soprannome, è l’indifferenza. L’ossessione per i soldi e la roba che garantiscono la sopravvivenza è ben presente, tanto che è l’aspetto materialista della protagonista, più che il suo coraggio, a prevalere in questa rappresentazione. La resa scenica è efficace, pur se forse avrebbe giovato qualche variazione di chiaro-scuro nell’interpretazione di un personaggio così ambiguo.