Più che uno spettacolo è una vera e propria lezione di storia.
Magazzino 18 è una sorta di “musical civile” scritto, recitato e cantato da Simone Cristicchi.
C’è voluto molto coraggio per affrontare un tema come quello dell’esodo dei giuliano-dalmati e la tragedia delle foibe. Il Magazzino 18 evocato dal titolo è un edificio realmente esistente nel porto vecchio di Trieste, dove furono portati e custoditi mobili e masserizie degli esuli istriani.
Ci sono tante sedie nella scenografia, accatastate e messe in modo da trasformarsi in elementi vivi che vanno oltre l'oggetto di scena. Ogni storia ha una sedie e viceversa. A loro si accompagna Cristicchi mentre racconta le vicende di questi italiani sfortunati.
I passaggi più drammatici sono affidati a un coro di bambini. Per esempio al Carcano di Milano cantano i “Mitici Angioletti” di Bergamo che hanno il potere di stemperare la tensione dei momenti più crudi.
Cristicchi sul palco è molto bravo e appassionato. La regia gli lascia tutto lo spazio di cui ha bisogno e lui riesce a instaurare il giusto pathos in sala.
Nonostante ormai lo spettacolo sia in tournèe da parecchi mesi, il protagonista riesce ancora a emozionarsi ed è bravo a tenere la scena ma gli manca ancora qualcosa per dare il massimo allo spettatore. È come se nonostante tutto preferisse non donarsi completamente al pubblico e fosse frenato.
Peccato perché in uno spettacolo che squarcia il velo di ipocrisia su una pagina di storia italiana il primo a essere messo a nudo è proprio il protagonista.
Chi va a vedere lo spettacolo non può che essergli grato per essersi impegnato tanto in questo progetto.