Prosa
MAGDALENE

Gli abomini infiniti del Novecento

Gli abomini  infiniti del Novecento

Quando si osserva uno spettacolo tratto da una storia vera, magari una storia dura, vergognosa, ignobile; quando questo spettacolo ci porta davanti ai fatti attraverso il linguaggio poetico della scena, smuovendo lo sdegno ed il senso critico, allora si ha l'impressione di essere di fronte alla natura primigenia del teatro.
Magdalene è uno spettacolo di denuncia poetica: “Le Case Magdalene, conventi cattolici in cui le giovani ‘perdute’ venivano rinchiuse per espiare e pentirsi...”; “...nelle case Magdalene le donne perdevano ogni diritto, la violenza era legalizzata, il maltrattamento lodato come rieducativo. Il Comitato ONU contro le Torture ha in corso un’inchiesta sui fatti denunciati.”
Lo spettacolo racconta questa storia attraverso ambienti ed immagini bellissimi, talvolta crudeli e strazianti talvolta dolci e malinconici.
La regia è molto accurata nella costruzione dei contesti: le attrici creano quadri appassionati, immergendosi fino in fondo nell'immagine realizzata così come nell'acqua, beffardamente purificatoria, che invade la scena.
Meno convincente la direzione d'attore rispetto al testo: il tono eccessivamente enfatico, i berci strappalacrime, la sovrabbondanza di pathos appesantiscono e sviliscono l'allestimento. Tutta l'efficacia delle soluzioni sceniche, apprezzabili per forza e snellezza, svanisce completamente durante i dialoghi. Le parole spesso si perdono; colpevole anche il pessimo equilibrio acustico tra voce recitante e musica, quest'ultima davvero troppo descrittiva. La ridondanza di segni invece di rafforzare contesto e dramma banalizza il tutto semplificandolo all'eccesso: abiti da suora, un grande crocifisso, musica religiosa o simil tale in continuo sottofondo, campane e Ave Maria in latino a iosa, tutto per descrivere con petulante zelo l'atmosfera.
Se si dedicasse alla cura dei dialoghi la stessa attenzione posta nell'elaborazione delle immagini sarebbe un spettacolo bello, efficace e poetico, sarebbe un patrimonio per tutta la comunità civile. Sarebbe uno spettacolo da replicare ogni anno il 10 febbraio, Giornata del Ricordo, affinchè la nostra memoria non ci beffi e la nostra coscienza non si assopisca.

Visto il 18-01-2013