L'allestimento messo in scena al teatro Filarmonico, con la regia di Graham Vick in questo caso ripresa da Marina Bianchi, è sostanzialmente lo stesso che un anno fa ha fatto tanto parlare di sé alla Fenice di Venezia, del quale esiste una dettagliata e quanto mai esauriente descrizione nella recensione che fece all'epoca Francesco Rapaccioni (recensione presente nel sito), alla quale, in questa sede, si fa riferimento.
Si tratta senza dubbio di uno spettacolo forte, che può piacere o non piacere, ma che certo non può lasciare indifferenti. Dopo un primo atto che, sinceramente, un poco lascia perplessi per ambientazioni e costumi, fra banchi di scuola, luna park, cigni volanti e calzoncini corti, dal secondo atto in poi la vicenda diviene sempre più cruda, sempre più reale e si dipana fra lo squallore di un milieu drammaticamente attuale, che contiene già in sé i germi di una fine ineludibile. E' qui, dunque, che si palesa la vera intenzione del regista, quella di mettere in scena una “lezione morale”, offerta ad un gruppo di studenti, i quali, dopo un iniziale momento scanzonato, assistono alle circostanze salienti che segnano la sorte dei due protagonisti, dapprima stupiti, poi partecipi, quindi via via sempre più muti, quasi distaccati. Si tratta della rappresentazione emblematica di una profonda verità: nella vita gli errori, piccoli o grandi che siano, alla fine si pagano, senza che neppure l'amore possa porvi rimedio e la nostra esistenza può, veramente, avere termine in una discarica, fisica o metaforica che sia.
Amarilli Nizza è una Manon davvero credibile, sa mettere in luce di volta in volta tutti i lati del suo personaggio, le grettezze, gli slanci, in un certo senso l'ingenuità di fondo; è capace di essere sensuale e provocante quando deve, o sa mostrarsi fragile e tenera. Dal punto di vista vocale, pur evidenziando una timbrica a tratti un po' secca, ha mostrato di possedere un'ottima tecnica che le consente grande solidità, soprattutto nel registro acuto. Buono anche il Des Grieux di Lorenzo Decaro, dotato di una bella voce dal timbro corposo e brunito, molto solida nella zona centrale, meno negli acuti, i quali risultano comunque, seppure un po' forzati, sempre fermi e dall'intonazione corretta. Un po' debole, sebbene discretamente delineato, il Lescaut di Fabio Previati; meno convincente il Geronte di Matteo Peirone, la cui voce perde corpo nel registro basso. Con loro Saverio Fiore (Edmondo e lampionario), Victor Garcia Sierra (oste e sergente degli arcieri), Elena Traversi (musico), Stefano Consolini (maestro di ballo, qui, invero, fotografo), Gianluca Margheri (comandante della marina).
Efficace e drammatica la direzione d'orchestra di Riccardo Frizza, che ha mantenuto tempi giusti e ha saputo creare una tensione sempre crescente, in sintonia con le scelte della regia. Buona la prova del coro.
Teatro quasi pieno e applausi finali per tutti, in particolare per i due protagonisti.