Scenografia atemporale, elegante, dalle linee pulite quella pensata da Giulio Magnetto per questo allestimento firmato Federico Bertolani e prodotto dal Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti: al centro della scena si eleva un cubo nero, simbolo della prigionia di Maria, sovrastato dal trono di Elisabetta, posto con lo schienale volto verso il pubblico tanto da somigliare ad un patibolo, emblema di una tirannide che si fonda sulla sofferenza altrui, ma che con questa sofferenza deve convivere. Al momento della apparizione della Stuarda il cubo si apre, scomponendosi in una serie di cornici che creano porte e pareti illusorie, e rivela un interno candido come candido è il vestito indossato dalla cattolica. Curata nei dettagli e nei movimenti la regia che ben sottolinea, soprattutto nella scena dello scontro fra le due donne, la personalità titanica di entrambe le regine, l’una ormai tesa verso il cielo e l’altra indissolubilmente legata alle proprie ossessioni tutte terrene. Ricchi e di ottima fattura i costumi di Manuel Pedretti che riportano l’azione, in efficace contrasto con l’ambientazione scenica, al XVI secolo.
Mariella Devia, nel ruolo del titolo, sa essere dura e vibrante nella sua invettiva contro la rivale, ma al contempo fragile e dolce dietro quella maschera di imperturbabilità che il suo ruolo le impone. Il legato a dir poco straordinario, l’emissione controllatissima, l’acuto squillante, le mezze voci ricche di colore, le agilità impeccabili ne fanno una Stuarda di riferimento. L’Elisabetta di Sonia Ganassi è piena di rabbia e di stizza, tutta incentrata su di sé, quasi ossessionata dalla presenza di Maria, dura, algida, a tratti violenta nel gesto: ineccepibili la tecnica vocale e la concentrazione, intensissima l’interpretazione, solida è la linea di canto, ricca di sfumature e di accenti, priva della benché minima sbavatura. Accanto a loro convince anche il Roberto di Dario Schmunck che si fa apprezzare per il morbido fraseggio e che ben si destreggia a fianco di due regine di tal calibro. Davvero ottima la qualità di tutti i comprimari: Diana Mian nel ruolo di Anna, Marco Vinco in quello di Giorgio Talbot e Gezim Myshketa in quello di Cecil.
Compatto e delicatissimo nell’esecuzione della preghiera il coro, davvero ben preparato dal maestro Armando Tasso. Sul podio Sebastiano Rolli, in una direzione dai tempi leggermente dilatati, ha saputo sempre ben sostenere i cantanti con una attenzione costante alle esigenze del palcoscenico, senza tralasciare di dare il giusto peso alla drammaticità e liricità degli accenti, alla ricerca sempre di sonorità raffinate e vibranti.
Applausi e ovazioni a scena aperta e sul finale da parte di un pubblico entusiasta per uno spettacolo che tende davvero all’eccellenza.