MASANIELLO. 1647, A NAPOLI è RIVOLUZIONE

Tutta colpa delle gabelle

Tutta colpa delle gabelle

Uno spettacolo giovanile, con un qualcosa di sperimentale ed innovativo, ma anche raffinato. C'è un non so che di melodrammatico, ma anche di psichedelico, fiabesco, assurdo e, persino, brechtiano: il tutto si innesta in un sostrato di fatti storici realmente accaduti.
Si tratta del racconto di un luogo e di un'epoca storica, oltre che delle passioni, ribellioni e vicissitudini relazionali di un personaggio che fu capo e vittima della rivolta napoletana dell'estate del 1647.
La colpa degli eventi, raccontati in un’ora e mezza di spettacolo (più della metà del quale, in lingua napoletana), è nelle gabelle imposte dal governo spagnolo sulla città di pescatori e che, grazie all'interessamento del giovane Tommaso Aniello (cioè Masaniello - interpretato da Manuele Morgese, che è anche l’autore della pièce) vengono poi ritirate.
Un cattivissimo personaggio, interpretato da Luca Serani, veste i panni efferati del vendicativo vicerè spagnolo, che dopo aver ritirato tutte le tasse imposte alla città partenopea, sfoga la sua rabbia ed impotenza sul povero pescatore facendogli provare, paradossalmente, l'ebbrezza del "suo" potere. Ma cos' è questo, in fondo? Niente altro che un veleno. Dopo aver bevuto dalla coppa reale, il nuovo Generalissimo del popolo di Napoli (cioè il rappresentante del popolo insieme alla nobiltà nel governo della città, in virtù del cosiddetto “privilegio”), non solo non viene più ascoltato dal quel popolo che ha prima incitato e poi rappresentato, ma non viene neanche visto dalla moglie Berardina (interpretata da Désirée Parisi) che prega per la sua salvezza o, eventualmente, per la morte di entrambi.
3 vele rosse sono formate, sullo sfondo, da una rete da pesca appesa: ma la particolarità della scenotecnica (nelle mani di Michela D’Andrea) vuole che sotto il tremolio delle luci sembrino 3 lingue di fuoco, in un'alternanza cromatica di rosso e nero, come la passione e la morte. Rossa era pure la sedia-trono del vicerè e la cinta-fascia che pendeva dai neri pantaloni alla pescatora di un Manuele Morgese-Masaniello a torso nudo, come nuda era l'anima esasperata del noto personaggio. Al di là del valore simbolico e storico non escludo che una parte della motivazione costumistica possa essere nell'avvenenza dell'attore-autore (senza nella togliere agli altri attori-personaggi che, invece, erano vestiti).
La maggior parte delle scene iniziali hanno un solo personaggio alla volta (Masaniello, Berardina, il banditore – interpretato da una clownesca Rossella Teramano – o tarantella, una checca di quartiere sempre informata sui fatti, interpretato da Andrea Fiorillo) a raccontare gli eventi: quando ci sono più personaggi è perchè c'è Masaniello che incontra qualcuno (l’amata moglie Berardina, il viceré spagnolo, oppure colui che fu tra le menti della rivolta, cioè fra' Giulio Genoino). Poi dopo la scena corale e psichedelica della rivolta popolare, la trama segue da vicino la rarefatta ed inconsistente gloria di cui morirà l'eroe partenopeo, dimenticato da quel popolo che, forse per invidia, forse per paura, lo abbandona al suo triste destino: sarà ucciso qualche mese prima di vedere la nascita, ma anche la caduta, della breve Repubblica monarchica napoletana per la quale forse non era neanche stato tanto cosciente di aver lottato.
Notevole e vario è stato anche l’utilizzo delle musiche: dal Lacrimosa di Mozart alla tarantella, dalle musiche rock-punk all’intonazione ripetuta della nota canzone sovversiva Palummella che, sebbene scritta due secoli dopo gli eventi narrati, è un celebre inno alla libertà contro ogni dittatura.
Forse il palcoscenico del Ridotto del Teatro Comunale di L'Aquila era troppo strano (lungo e basso) per ospitare questa pièce.
Consiglio lo spettacolo a chi apprezza i drammi storici e/o biografici e a chi piace il teatro sperimentale-ma-non-troppo.

Visto il 03-04-2011
al Comunale - Ridotto di L'Aquila (AQ)