Una didascalia proiettata sul fondo del palco ci dice che siamo a Napoli, chiesa del Carmine, anno 1647. Le campane suonano a morte, un corteo segue le spoglie di un uomo, è gente del popolo e tra loro due donne, una non più giovane che piange con orgoglio il suo adorato figlio ed una ragazza che affranta, fra le braccia di un sacerdote, si lascia andare ad un ultimo disperato sussulto di dolore per la morte del suo uomo, del padre di suo figlio, quel Tommaso Aniello d’Amalfi che la storia ed il mito ci hanno consegnato con il nome di Masaniello, come gli amici ed i nemici lo chiamavano in vita e come tutti lo chiameranno nei secoli a venire.
Storia o Mito? È da questo dilemma che nasce l’idea drammaturgica di Tato Russo coadiuvato ancora una volta da Livio Galassi. Russo e Galassi, ricorrendo alla trovata del flash-back, che parte subito dopo i sopra descritti funerali del protagonista, hanno optato per il Mito.
Trattandosi di un musical ci sembra che la scelta sia stata ottima, poiché la popolarità del soggetto è coincisa con la popolarità del mezzo. Quindi in scena vediamo una storia tramandata con gli occhi di un popolo che subito dopo la morte del suo “comandante” ne distribuisce immaginette come quelle dei santi, dimentico dei limiti e dei torti che pure egli aveva avuto in vita.
Questo musical datato 1996, anno in cui andò in scena con protagonisti Gigi Finizio e Barbara Cola, allora entrambi all’apice della popolarità “sanremese”, ha quindi l’originalità di uscire dai vincoli della storia ufficiale per diventare epopea. Certo esso arriva dopo un’innumerevole quantità di prodotti teatrali e musicali ispirati al pescatore divenuto “capopolo”, basti ricordare l’indimenticabile “Masaniello” di Elvio Porta, spettacolo culto degli anni settanta, ripreso con mediocre successo una decina di anni fa, o il “Tommaso D’Amalfi” che negli anni sessanta pur vedendo collaborare nientemeno che Eduardo De Filippo per i testi e Domenico Modugno per le musiche, non raccolse i consensi immaginabili. Ma in quei due casi ed in altri meno famosi, si trattava di prodotti artistici tipicamente italiani, nella messinscena e nella musicalità.
Tato Russo invece ha, in questo caso, ideato e realizzato un vero e proprio musical, pari, per regia e valenza interpretativa, a quelli prodotti in Inghilterra o in America, a cui strizza l’occhio anche la partitura musicale di Patrizio Marrone e lo stesso Russo. Fu questo musical, dieci anni fa, quasi pionieristico nella concezione e nella realizzazione, ed ancora oggi conserva tutto il fascino di allora. In scena, nei panni del protagonista, troviamo al suo esordio teatrale il cantante Gianni Fiorellino, che regala al personaggio tutto il suo entusiasmo ed il suo vigore giovanile, caratteristiche queste che, insieme alle ottime qualità vocali, producono come risultato un’interpretazione eccellente. Nei panni di Bernardina, moglie di Masaniello, la milanesissima Arianna è a dir poco straordinaria, sorprendente nella credibilità della sua intensa interpretazione di popolana napoletana, che segna anche finalmente il suo passaggio dai ruoli adolescenziali a quelli più maturi di donna. Naturalmente, come il diamante più grande e splendente su di una corona, brilla per intensità ed emozionalità la madre del protagonista, interpretata dalla grande Mirna Doris, finalmente valorizzata in un progetto che le restituisce una piccola parte di quanto in realtà la disattenta industria musicale e teatrale finora le ha negato. La sua preghiera di Mater Dolorosa rimarrà impressa a tutti gli spettatori come uno dei momenti più intensi e commoventi del musical. Da lodare inoltre almeno Antonio Romano, nell’ottima caratterizzazione del Vicerè a cui dona anche le sue già note doti vocali, Mario Aterrano, Daniele Russo, Pippo Cangiano e Marco Brancato .Ma andrebbero nominati in realtà tutti gli interpreti, sicuramente di altissima qualità. Infine, pur rimpiangendo di non aver potuto applaudire, a causa di una indisposizione che l’ha costretta a saltare le prime rappresentazioni, la bravissima Irene Fargo in questo spettacolo che, come ella stessa ha annunciato, segnerà il suo addio alle scene, abbiamo salutato con simpatia l’ottima prova della sua giovane “cover”, la debuttante Laura Lazzari, una viceregina credibilmente perfida e dalla potente vocalità.
Sul finale grande ovazione del pubblico, che esterna con vivace cordialità il proprio gradimento per questo spettacolo pensato in grande, pur mantenendo intatti qualità ed impegno artistico.
Napoli, Teatro Bellini – 28 Dicembre 2006
Visto il
al
Cilea
di Reggio Calabria
(RC)