Civitanova Marche, teatro Annibal Caro, "Maybe, something personal" con Zagreb Dance Company
ADRIATICO, UN MARE DI CULTURA
Solo chi è cresciuto sull’Adriatico può sentire il fascino di questo mare, un mare grigio-celeste che a volte sembra di piombo fuso, un mare dove basta salire sulle prime colline e guardare a oriente per vedere ad occhio nudo l’altra costa, la sponda croata, sottile linea all’orizzonte, un mare raffreddato dai venti balcanici che soffiano incessanti, un mare in cui le due sponde sono incredibilmente vicine. Forse per questi motivi l’architetto Giorgio De Romanis ha progettato, con la collaborazione di Sonia Squintu e Giorgio Stampa, un ponte che dovrebbe collegare, entro il 2013, Ancona e Zara. Ma qui parliamo di un altro legame, quello culturale, che unisce le due sponde, nonostante la storia e la politica recenti hanno distanziato enormemente Italia e Croazia. Sono lontani i tempi del medioevo e del rinascimento in cui la costa dalmata, sotto dominio veneziano, aveva strettissimi rapporti commerciali e culturali con le Marche (Paolo Veneziano è uno dei tanti artisti nati a Venezia ed attivissimi tra Marche e Dalmazia), ma CivitanovaDanza prova a riallacciare questo legame con lo spettacolo di apertura del Festival 2005, ospitando nel teatro storico della città alta la Zagreb Dance Company, che concepisce la danza come espressione artistica.
“Maybe, something personal” è diviso il nove quadri che non sono necessariamente collegati fra loro: frammenti di memoria, flash-backs, sogni ad occhi aperti, momenti di vita in cui uno sogna ad occhi aperti oppure guarda attraverso gli eventi della vita. Uno sguardo però non collettivo, bensì personale, quello della coreografa Snjezana Abramovic, con lo scopo dichiarato di lasciare ad ognuno la possibilità di essere se stesso, anche di essere differente, come in fondo tutti siamo, e ancora di vedere le cose a modo proprio, di disporre il tempo della vita in modo tale che ci calzi a pennello, credendoci fino in fondo. Tutto questo si traduce in movimenti rarefatti, appena rallentati, con sotto echi di parole e gesti quotidiani, gesti di pulizia, di vestizione e di vestizione, gesti ripetuti, ma senza dare l’idea di un’ossessività. Le musiche hanno una parte preponderante nello spettacolo e sono davvero coinvolgenti, musiche senza luogo ma con echi balcanici, con suggestioni etniche ed agganci al contemporaneo.
Ma, seppure composto in quadri, lo spettacolo più che nelle singole parti sprigiona la sua forza nell’insieme e nella contaminazione, fino al buio finale, con l’ultimo gemito senza luce. Perché l’Adriatico è un mare poco luminoso, intimo, notturno. Anche di giorno.
Visto a Civitanova Marche, teatro Annibal Caro, il 23 giugno 2005
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Annibal Caro
di Civitanova Marche
(MC)