Lirica
MEDEA IN CORINTO

Medea: dal prato allo specchio

Medea: dal prato allo specchio

Nello splendido scenario barocco del cortile del Palazzo Ducale di Martina Franca va in scena il melodramma tragico Medea in Corinto di Giovanni Simone Mayr (1763-1845), terza opera in cartellone del 41° Festival della Valle d’Itria.  Mayr fu un musicista di grande successo dei primi anni del XIX secolo, tra i suoi studenti vi fu Gaetano Donizetti che per fama superò poi il maestro. Quasi dimenticato in epoca contemporanea, la musica di Mayr continua però a essere rivoluzionaria, un filo di unione tra il finito Settecento e l’entrante Ottocento. Così pure la musica di questa Medea, che debuttò al San Carlo di Napoli nel 1813, con libretto dell’onnipresente Felice Romani, ma che venne poi eclissata dalla omonima opera di Luigi Cherubini e in cui si sentono influssi delle grandi pagine musicali dell’epoca.

Questo allestimento rappresenta la prima ripresa italiana in tempi moderni. La regia è stata affidata a Benedetto Sicca, che già lo scorso anno si era messo in luce proprio al Festival della Valle d’Itria. Un allestimento tendenzialmente tradizionale, in cui il coro e i cantanti permangono in una fissità che permette al contorno dei danzatori di muoversi e animare la scena. L’idea focale di Sicca è la centralità dei figli di Giasone e Medea, che compaiono, fino al loro assassinio, sempre sulla scena; una presenza esageratamente ingombrante, forzatamente disturbante, tanto che è stato l’unico elemento contestato al termine dal numeroso e attento pubblico. I due figli – alquanto adulti – sono stati interpretati da due danzatori della compagnia di danza Fattoria Vittadini, Chiara Ameglio e Cesare Benedetti; un altro folto gruppo di danzatori della stessa compagnia ha fatto da supporto per tutta l’opera, anche qui non senza polemica finale; infatti le coreografie di Riccardo Olivier sono parse completamente estranee all’opera e alla regia.
L’idea di Sicca regge e denota un profondo studio sui personaggi, specialmente Medea, che compare come ammaliatrice dai movimenti plastici e ieratici; in alcuni casi però sembra trascurare il canto a favore della danza, che sovrasta certamente il ruolo dei cantanti in più punti. La scena unica, realizzata da Maria Paola di Francesco, è composta da un piano inclinato che nel primo atto è un prato di papaveri di gradevole vista, nel secondo atto, quando la malvagità di Medea diventa il centro della narrazione, il prato, con un bellissimo effetto, viene assorbito dalle viscere della terra e rimane una landa desolata rappresentata dallo stesso piano inclinato ricoperto di specchi, che, con le luci sapienti di Marco Giusti, danno effetti di proiezione molto suggestivi. Non sempre le trovate scenico/registiche hanno effetti positivi, nonostante il bel colpo d’occhio, come l’uscita dello stormo di colombe bianche al termine, simbolo delle anime di Creusa e dei figli di Medea, che hanno lasciato uno spiacevole “ricordino” su molti spettatori. Appropriati e interessanti i costumi di Tommaso Lagattolla, pertinenti e che rimandano a quel passato futurista di tanta cinematografia fantasy.

Fabio Luisi, da quest’anno direttore musicale del Festival ha diretto in modo magistrale l’Orchestra Internazionale d’Italia. Luisi svolge una lettura profonda delle pagine di Mayr, riesce con una maestria quasi unica a porre l’accento nei risvolti psicologici più profondi, dando attenzione al dialogo con il palcoscenico in un crescendo drammatico emozionante. La sua direzione spicca per partecipazione emotiva e per saper coinvolgere l’orchestra in modo fermo e compatto; tratteggia le note di Medea in modo sublime, come solo un grande esecutore può fare. Nonostante la pesantezza di alcune pagine, Luisi riesce a trarre una leggerezza incomparabile e unica.

Cast piuttosto omogeneo. Davinia Rodriguez è una Medea forte, dal timbro corposo che riesce a salire all’acuto senza nessun problema, producendo un suono solido ed efficace: una voce particolarmente espressiva, come il personaggio da lei tratteggiato, a cui unisce una vocalità agile e incisiva. Michael Spyres, già fattosi notare nel Guillaume Tell a Bologna, riveste i panni di Giasone e il ruolo lo conferma uno dei migliori belcantisti del momento, delineando in modo eccellente il personaggio con voce agile e acuti puliti e sicuri. Enea Scala è stato un bravo Egeo, dalla voce non ampissima ma regolata e pulita, ottima tecnica e buon volume; scenicamente riesce a rendere in pieno il personaggio. Il giovanissimo basso Roberto Lorenzi si è cimentato nel ruolo di Creonte, la giovane età stenta a rendere l’autorevolezza del personaggio e la voce deve essere ancora ben formata, ma lodevole per l’impegno. Brillante la Creusa di Mihaela Marku che dimostra di possedere una buona tecnica, voce morbida e leggere, unita a sicurezza vocale. Evanescenti le interpretazioni di Paolo Cauteruccio (Evandro), Nozomi Kato (Ismene) e Marco Stefani (Tideo).  Molto valida la partecipazione del Coro della Filarmonica di Stato “Transilvania” di Cluj-Napoca, diretto dal maestro Cornel Groza, la cui dizione e pronuncia italiana ogni anno migliora sempre più.

Visto il
al Verdi di Martina Franca (TA)