Il Ponchielli di Cremona ha inaugurato la stagione lirica con Medea di Luigi Cherubini nel duecentocinquantesimo anniversario della nascita del compositore, che nacque a Firenze nel 1760, sebbene il successo lo ebbe nella Francia napoleonica. Della sua vasta produzione musicale (35 opere e varie composizioni sacre e sinfoniche), ben poco rimane in cartellone nei giorni nostri; Medea è l’unico titolo che ogni tanto compare in qualche stagione lirica. Il solo Circuito Lirico Lombardo (di cui il Ponchielli fa parte insieme ai teatri di Brescia, Como e Pavia) si è ricordato del centenario, rendendo omaggio al compositore fiorentino: lodevole e meritoria iniziativa.
Il nuovo allestimento ha visto in scena l’edizione italiana della Médée, cioè quella realizzata nel 1909 per la Scala di Milano con i recitativi musicati e ovviamente con libretto tradotto. Senz’altro un’edizione meno originale e meno filologica, ma indubbiamente quella più conosciuta.
La regia dell’opera è stata affidata a Carmelo Rifici, giovane attore e regista di teatro, che deve il suo lancio alla collaborazione con Luca Ronconi. La sua scelta registica, infatti, risente molto del teatro di prosa. Il regista sceglie di presentare una de-contestualizzazione di un’opera, scelta ormai fin troppo ovvia e scontata. Rifici ambienta Medea nella Francia del 1797, anno in cui venne per la prima volta rappresentata. L’epoca, però, conta non eccessivamente: le scene si svolgono in un museo e i personaggi sono come statue che prendono vita, costrette a rivivere in eterno la propria paradigmatica tragedia.
Le scene sono parse caotiche, fino al kitsch: troppi i riferimenti a David e Canova, rappresentati in tableau vivant. Troppa “minestra sul fuoco” ha fatto sì che scomparisse quasi il lato veramente drammatico dell’opera a favore di un estetismo di maniera. Medea è un’opera semplice nella sua purezza e nel suo gusto neoclassico, poche idee ma terribili e chiare. Ovviamente l’allestimento di Rifici perde ogni riferimento al mito e alla magia. Nel finale, che dovrebbe vedere Medea inghiottita dalle fiamme in un drammatico abbraccio dopo l’omicidio dei figli, protagonista è come spalmata su un quadro e calano dall’alto due statue sporche di sangue.
Da rilevare che sono molto belli i costumi stile impero di Margherita Baldoni e raffinate le scene di Guido Buganza.
La direzione musicale è stata affidata al maestro Antonio Pirolli, alla guida dell’orchestra I pomeriggi musicali, una direzione che non ha eccelso per purezza di stile e per tensione drammatica, dove si è voluto mantenere un ritmo elevato ad ogni costo.
Maria Billeri nel ruolo del titolo ha dimostrato di avere una voce veramente potente, ma diverse volte l’ha forzata troppo in alto (indubbiamente il ruolo non è molto facile); molto convincente nel finale. Eleonora Buratto, che ha rivestito il ruolo di Glauce, ha una voce chiara con acuti puliti e ha dato una buona prova. Nella parte di Giasone Lorenzo Decaro ha rivelato voce debole; meglio Luca Tittoto nel ruolo di Creonte, voce calda, potente e corretta. Brava la Neris di Alessandra Palomba. Da segnalare anche la prima ancella di Arianna Ballotta. Bene il coro del Circuito Lirico Lombardo, diretto dal maestro Antonio Greco.
Teatro esaurito con pubblico delle grandi occasioni, che ha gradito l’opera del dimenticato Cherubini.
Lirica
MEDEA
Medea al museo
Visto il
al
Ponchielli
di Cremona
(CR)