Prosa
MEMORIE DAL SOTTOSUOLO

Sbaglia chi crede che nessun …

Sbaglia chi crede che nessun …
Sbaglia chi crede che nessun fiore possa nascere dal sottosuolo, sbaglia chi crede che la nozione di sotterraneo sia un’ astrazione caliginosa che non possa avere nessun contatto con la luce del sole, il sottosuolo evocato da Gabriele Lavia ha dei sorprendenti punti di contatto con la luce che rischiara il cammino dell’uomo, con un raziocinio conflittuale, che celebra l’amore e minimizza l’uomo. Nessuno mai, si era accostato ad uno dei testi, meno compresi, ma più noti di Dostoevsky, con “Memorie del sottosuolo”. Ma questo non ha distolto Gabriele Lavia dal riadattare e portare sul palcoscenico, una versione completamente personale del romanzo. L’autore incastona tre personaggi, come fossero diamanti e li intaglia con cura: un personaggio senza nome, che si rapporta alla giovane Lisa, prostituta, e il servo Apollon. L’uomo del sottosuolo è un giovane impiegato inconcludente, a disagio con se stesso e in collisione con la società, “un uomo superfluo, un antieroe, una persona malata e cattiva” come lo definisce lo stesso autore russo. Il personaggio di Dostoevskij si obbliga con tutta l’anima di accettare le figura di scarafaggio, tratti nelle quali, si rinviene una mattina quasi senza accorgersene. Lavia concepisce il protagonista, spietato, patetico, a volte grottesco , con il suo inciampare continuamente nella “neve fradicia “.E’ un individuo in movimento, in totale solitudine, dove per solitudine s’intende una condizione emblematica, che porta con sé, l’indifferenza, l’astio, il risentimento nei confronti degli altri. La differenza è che mentre il primo nel romanzo, ha una consapevolezza, della sua condizione che gli genera inerzia distaccandolo dalla vita, il secondo afferra il senso della vita, non rinnegando le ferite dell’anima, ma esaltandole a tal punto da trascinarle nelle fondamenta dell’ anima. Il mondo del sottosuolo è dunque un mondo di incapaci, un mondo di uomini senza qualità, il cui dramma è proprio non riuscire a comprendere la propria condizione. Prima dell’accettazione o della rinuncia ci vuole la consapevolezza. I due ambienti contrapposti, nei quali si muovono i due personaggi della prostituta e del servitore sono la casa e il bordello, dove Euridice Axen, affabile e disinvolta nelle vesti della giovane donna, è il simbolo dell’innocenza perduta, e della possibilità di redenzione grazie all’amore: “La vita è bella per la ragione che si ama, in qualunque modo si viva, se si ama vale la pena stare al mondo”, dice l’uomo del sottosuolo. Il suo antitetico è Apollon, un grandioso Piero Biondi, che lustrando una casa fatiscente non parla, ma recita salmi, rappresenta la coscienza dell’uomo del sottosuolo, lo guida e lo rimprovera. La loro forza, la loro pietà, è nella capacità di persuadersi , di portare avanti l’esistenza, nonostante tutto Sullo sfondo cade la neve. Regna, sulla scenografia, una neve surreale, che sovrasta anche gli interni, di colore grigiastro per indicare il marcio e il fango che riflette il male del mondo. Come se tutto fosse ghiacciato, un “freddo” che allegoricamente è la mancanza di amore. Uno sfondo magnifico in cui le luci curate da Giovanni Santolamazza, forgiano straordinari effetti. Su questo habitat si muove Gabriele Lavia, con la passionalità nell’anima, imperlato di sentimento, incantatore di vivide suggestioni, con accordi filologici, concertati fra farsa e dramma. Una esibizione rara, di grande attrito emotivo, a suo modo originale rispetto allo stesso romanzo di Dostoevskij.
Visto il
al Alfieri di Asti (AT)