Un Platone per tutti

Un Platone per tutti
Il testo messo in scena è proprio quello del Menone di Platone, uno degli ultimi dialoghi nel quale è riassunto tutto il pensiero del filosofo, dalla teoria delle idee alla reminiscenza, dalla teoria della conoscenza all'immortalità dell'anima. Flavio Albanese (che, oltre  a recitare e firmare la regia, è direttore artistico del Teatro della dodicesima) rispetta in pieno il testo aggiornando solo la messa in scena: Socrate è un incrocio tra Indiana Jones e un figlio dei fiori, Menone un gangster americano. Anche lo spazio scenico non è tradizionale: gli spettatori sono ai due lati della platea mentre al suo centro si svolge l'azione e dal lato del palcoscenico campeggia uno schermo sul quale sono proiettate varie immagini in funzione di quanto detto nel dialogo e anche di segni grafici coi quali gli attori possono giocare intercettando il fascio di proiezione con le proprie mani... L'idea di portare in scena un dialogo scritto per fare filosofia è sorprendente perchè funziona, funziona così bene che si potrebbe sospettare che Albanese abbia manipolato il testo originale, che invece viene rispettato nella sua struttura e complessità. Anche nella parte matematica, quando Socrate ragiona di figure geometriche e dimostra l'incommensurabilità della diagonale del quadrato col suo lato, e che Albanese trasforma in un momento di improvvisazione chiamando una persona del pubblico a sostituire il ruolo che in origine è di uno schiavo di Menone, lo scopo dimostrativo è rispettato: come per lo schiavo, la persona del pubblico,  scoperto di non sapere (Socrate dimostra il suo errore)  va alla ricerca della conoscenza arrivando a dei concetti che non aveva e cui lo spettatore arriva da solo perchè la sua anima li ha ricordati avendoli appresi quando era nel mondo dele idee, prima di reincarnarsi. Alla domanda da cui Menone parte e che rivolge a Socrate, la Virtù può essere insegnata o è già nell'uomo? Socrate risponde sollevando dubbi, approntando un metodo conoscitivo, un protocollo (prima di sapere se una cosa può essere insegnata o p innata dobbiamo definire quella cosa...) che lo fa giungere a diversi ambiti della Virtù approdando alla virtù del buon governo, che non dipende dalla scienza, dalla conoscenza della virtù, ma dal buon pensare, di chi, pur non conoscendo la Virtù, si comporta come se la conoscesse, per ispirazione divina. E' il lato più segreto della filosofia platonica, quella che lui dice non poter esser tramandata per via scritta (e che infatti non ci è giunta...). Certo molti temi di Platone sono distanti dal nostro sentire comune e quando nel testo si parla di buon sapere o di scienza sfugge ai più il significato che Platone dava a questi termini, ben diverso da quello che diamo loro noi oggi, ma sono dettagli perchè il tema di Platone è talmente universale da avere un senso profondo che travalica la sua epoca e la sua cultura e arriva fino alla nostra contemporaneità.Molto intelligente anche la sostituzione di alcuni personaggi potenti dell'epoca, ormai a noi sconosciuti, con uomini del potere di oggi, Agnelli, prima, e i Savoia dopo, quando il terzo attore che interpreta "una alta carica dello Stato" e che fino a quel momento è rimasto seduto tra il pubblico, impersona il principe Vittorio Emanuele e si mette a recitare il testo della canzone presentata all'ultimo Sanremo venendo letteralmente crivellato di colpi (a salve) da Menone e Socrate (i cui attori si sono intanto scambiati i ruoli). E nel finale è proprio il terzo attore a recitare la parte conclusiva del dialogo interpretando anche lui Socrate, con un paio di ali da angelo, quando Platone conclude la sua teoria della conoscenza, mentre le parole in cui il filosofo dice che c'è una conoscenza che non può essere trasmessa verbalmente non sono dette ma  proiettate su uno schermo... Uno spettacolo intelligente ed efficace, pienamente riuscito che dovrebbero vedere tutti, anche gli studenti liceali alle prese con il filosofo di Atene qui presentato in una veste non consueta ma sempre molto precisa e rispettosa. Forse una maggiore precisione nell'esecuzione sarebbe auspicabile perchè l'ironia sottile che permea tutto lo spettacolo (non fuori luogo visto che nel dialogo Socrate è sempre molto ironico con Menone) sembra autorizzare  una certa disinvoltura degli attori che induce a credere i meno attenti che lo spettacolo sia occasione di parodia mentre è un sentito e preciso omaggio a una delle menti più grandi della storia umana.