È uno spettacolo epico, pensato in sottile, incerto equilibrio tra tenue liricità e vigorosa epicità, questo Mephistopheles - Eine Grand Tour del pluripremiato collettivo teatrale Anagoor, messo in scena a Bassano del Grappa tra le mura del castello degli Ezzelini.
Giuntovi dopo aver iniziato il suo viaggio dal Napoli Teatro Festival, esser passato dalla Centrale Fies di Dro in Trentino. Approderà al Kunstfest di Weimar a fine agosto, per poi iniziare una mini tournée tedesca che toccherà Meiningen, Erfurt e Kloster Vessra, frutto di una coproduzione che ha coinvolti molte realtà diverse: Fondazione Donnaregina/Museo Madre, Centrale Fies, Operaestate Festival, Kunfest Weimar e il Theater an der Ruhr.
Un'ora e mezza col fiato sospeso
Spettacolo di una bellezza singolare, Mephistopheles, con il quale Anagoor – e in particolare Simone Derai, qui drammaturgo e regista – festeggia vent'anni di attività. È un film/concerto di un'ottantina di minuti, che recupera e mette insieme frammenti d'anni recenti di lavoro, in gran parte video girati in mezzo mondo, tra il 2012 ed il 2019. Compreso il silente spezzone iniziale tratto dal Faust di Gounod allestito al Teatro Comunale di Modena tre anni fa, e che vede un vecchio Goethe rileggere davanti il caminetto il faldone del suo capolavoro, il Faust appunto.
Un dramma senza parole, un'opera senza arie o concertati, dal pathos denso e travolgente. Questo è Mephistopheles degli Anagoor. Non solo un intenso, coinvolgente collage di video raccolti in anni di vagabondaggi da Derai, Marco Menegoni e Giulio Favotto. Che è pure direttore della fotografia, e che le ha montate adottando una paletta cromatica cangiante - talora acquarellata altre volte dagli accesi contrasti -, una cadenza ora dilatata ora accelerata, una messa a fuoco ora nitida altre volte volutamente confusa.
Immagini di toccante poesia, come quelle girate nelle melanconiche strutture per anziani. Oppure di comica umoralità nel suo convulso, accelerato montaggio, nell'offrire diverse versioni di una religiosità multiforme, fra chiese cattoliche, ortodosse, sinagoghe, minimi o enormi templi orientali. Luoghi dove cerca e trova sostegno un'umanità bisognosa di sicurezza.
Immagini di straniata liricità, quando esaltano la vitalità della Natura, persino quella modificata dall'uomo che, percepita dall'alto, rivela un suo singolare, geometrico incanto. Immagini però anche di cupa e dura drammaticità, quando veniamo messi improvvisamente di fronte alla crudezza degli allevamenti intensivi ed alla brutalità dei macelli industriali. È tutto un succedersi di coinvolgenti meditazioni sulla vita, sulla violenza, sulla bellezza, sull'ambiente, che ci attira in un vortice emozionale, da rimanere quasi col fiato sospeso.
La musica, altro veicolo di emozioni
È un lungo film che viene per così dire “suonato” proprio davanti a noi: questo l'altro suo eccezionale pregio. La colonna sonora live gli viene fornita da Mauro Martinuz, musicista poliedrico e geniale presente qui alla consolle, in grado di mescolare e fondere suoni naturali ed elettronici con eccezionale abilità, costruendo una “partitura” attraversata da una gran quantità di cellule musicali, di multiformi spunti ritmici, pervasa di sonorità ipnotiche.
Una “partitura non scritta” ma ben individuabile, sostenuta da un sound design fascinoso, sviluppata con abilità e inesausta fantasia. Ispirata, sottesa, saldata in maniera mirabile, in creativa dialettica, ai singoli momenti del lungo video che scorre davanti sullo schermo; ma che, a nostro parere, potrebbe benissimo vivere di vita propria. Magari, quale ideale sostegno per una inedita creazione coreografica.