Mi presti la cravatta ha aperto il Festival sui diritti umani Gaiaitalia Teatro Fest, che per cinque fine settimana proporrà, allo Studio Uno di Roma, spettacoli teatrali, film, una mostra fotografica, dibattiti e book crossing.
Un festival che ha come mission quella di ragionare e fare quadrato sui diritti umani, disattesi e vilipesi, non poteva che aprirsi con una commedia che, con gusto dolceamaro, parla di omofobia interiorizzata e di ragazzi ventenni costretti a vivere per strada, nella civile New York, perché la famiglia ha pensato bene di cacciarli di casa, dato che il loro orientamento sessuale non era gradito.
Ennio Trinelli, direttore del Festival, ha proposto questo gioilellino (il diminutivo è per la durata della pièce che sfiora i 50 minuti), da lui scritto, nel 2007, e diretto, messo in scena con Ilaria Giambini e Alessandro Giova.
Trinelli riesce con rara sintesi, per la scena italiana, a descrivere due personaggi omosessuali, Toni (Antonino) e Giosy (Giosiana), partendo dai luoghi comuni con cui di solito vengono identificati non solo a teatro ma anche, se non soprattutto, nella vita reale, per restituirne l'umana concretezza capovolgendone al contempo il portato dello stereotipo.
Toni è promiscuo e anafettivo, come gli ricorda con crudeltà Giosy, mentre Giosy è vittima volontaria di una donna che non sa darle un affetto pieno.
Alle prese con un coming out familiare che tarda a venire, il loro rapporto di amicizia si basa sulle piccole crudeltà di una omofobia interiorizzata che induce a punzecchiarsi l'un l'altra, non tanto per sottolineare i rispettivi difetti, quanto per schernirsi dell'omosessualità altrui che si considera affettata (che cosa c'entro io con questa?, si chiede Giosy guardando le altre donne lesbiche che partecipano al gay pride) senza rendersi conto di stare giudicando la propria.
E' Toni a rendersene conto per primo, dopo l'incontro col ragazzo ventenne cacciato di casa, che ha cercato ancora, scoprendo che è morto - Trinelli non ci dice né come né perché – e a chiedere a Giosy di cambiare la qualità della loro amicizia.
Fuori dalle schermaglie di un continuo punzecchiarsi che umilia invece di incoraggiare, Toni può permettersi di vivere una storia d'amore per un tempo maggiore dei canonici cinque giorni, anche se non è garantito che duri molto di più, mentre Giosy lascia la donna che non la sa amare e si apre a una nuova avventura amorosa.
Quel che importa è essere nel momento pienamente, con sincerità.
Toni parla di orgoglio di essere quello che è proprio quando scopre con piacere che con i ragazzi che incontra può anche solamente parlarci senza necessariamente finirci a letto…
Con una scrittura veloce ed essenziale, una proprietà di linguaggio felicissima (memorabili le fellatio velox delle quali Giosy rimprovera Toni di costringerla a subirne il resoconto), Trinelli ama i personaggi che descrive restituendoli con una enorme umanità, che fa di loro delle persone e non dei tipi, anche se nelle idiosincrasie e nelle incongruenze che li agiscono possiamo riconoscerci facilmente tutti e tutte, qualunque sia il nostro orientamento sessuale.
Giambini e Giova magnificamente diretti e in stato di grazia, ci restituiscono due esseri umani nel momento del loro sbocciare alla vita senza aver risolto necessariamente tutti i loro problemi ma avendo comunque risolto se stessi.
Il GaiaitaliaTeatroFest non poteva aprirsi in maniera migliore.