Prosa
MI SONO ARRESO AD UN NANO

Non riesco a trovare le parol…

Non riesco a trovare le parol…
Non riesco a trovare le parole. Davanti al mio computer ho difficoltà a scrivere due righe di seguito su cosa è stato o cosa potrebbe essere lo spettacolo di Massimiliano Loizzi. Correre il rischio di cadere nella stesura di una recensione banale è quello che più mi assilla, perché questo non è il semplice spettacolo che il pubblico dimentica dopo essere uscito dal teatro; ti segue fin dentro casa, dorme con te, mangia con te, vive il più possibile, diciamo che ti perseguita, ti stravolge. Il racconto, dedicato a Piero Ciampi, poeta e cantautore maledetto e sfortunato, è ironico e violento, e questa violenza viene letteralmente tirata addosso al pubblico. Non conoscevo Piero Ciampi e ho sentito la necessità di documentarmi sul personaggio per comprendere appieno con chi avessi a che fare. Poche righe sulla sua vita e mi rendo subito conto che, se non avessi saputo che era morto, avrei potuto sostenere che Ciampi e Loizzi potevano essere la stessa persona; mi sono chiesto allora: è possibile che questo sia il tipico caso di applicazione del metodo Stanislavskij? Non so, resta il fatto che ho capito che per interpretare un personaggio così fuori dagli schemi non servono solo anni di studio alle spalle, ma tanta passione verso l’uomo e la sua storia, la sua esistenza in questo mondo. Lo spettacolo si presenta con una scenografia semplice, costituita da un rialzo in legno su cui sono posizionati un suonatore di contrabbasso, uno di fisarmonica e l’attore-Ciampi seduto su una sedia con affianco una bottiglia di vino, che potrei definire il secondo attore sul palco: adagiata dolcemente sul pavimento dopo ogni bevuta, sembra che nel suo silenzio di oggetto inanimato voglia gridare al mondo di essere l’artefice di tutto quello che accade intorno. Il racconto inizia con l’attore che fissa il vuoto, e mi viene da pensare se in realtà non sia davvero ubriaco tanta è la bravura di riuscire a mantenere l’espressione facciale di uomo ebbro per più di venti minuti. Il pubblico è da subito vittima: invettive di ogni genere vengono lanciate a tutti i presenti, e il fatto di essere stato l’unico a non subirne mi fa sentire un privilegiato. Non è uno spettacolo comico perché racconta il dramma di un uomo, che s’interroga se sia giusto morire per amore, che racconta come le vicissitudine nella vita possano essere la molla che spinge un uomo ad andare avanti, oppure a fermarsi; eppure, il pubblico ride, non riflette, perché la curiosità di sapere come va a finire la storia è più forte di qualsiasi domanda posta alla propria coscienza. La violenza verso il pubblico è tale che in molti avrebbero voglia di alzarsi e andare via, qualcuno reagisce alle provocazioni, ma è nuovamente silurato e costretto al silenzio, più bersagliato di prima e annientato nella volontà. Però, nessuno riesce ad andar via, è come se il pubblico fosse stato ipnotizzato, o atterrito al punto tale da non avere il coraggio di muovere neanche un dito. Anche dopo una serie di bestemmie che avrebbero stecchito il più duro degli scaricatori di porto, nessuno si ribella. Non è facile recensire questo spettacolo, alla fine, le famose due righe si sono moltiplicate, ma l’animo è stato sconvolto da una rappresentazione che mi ha fatto riflettere su cosa credo e perché credo. La vita di un poeta come Ciampi segnata dalla sofferenza e dal non rispettare le regole perché viste come gabbia alla propria creatività e voglia di esprimersi, mi ha insegnato che le apparenze, avvolte, sono costruite per rendere tutti più felici e sereni, ma dietro di esse si cela una realtà, la vera realtà che solo ognuno di noi può comprendere e che difficilmente si riesce a trasmettere agli altri. Questo spettacolo è come un’atomica: dopo l’esplosione danneggia in andata e in ritorno. Anche se crudo, violento, anarchico allo stato puro questo spettacolo merita di essere visto: per una volta, il pubblico può anche usare la testa per riflettere e non solo la pancia per ridere. Milano – Teatro della Contraddizione – 6 marzo 2008
Visto il
al della Contraddizione di Milano (MI)