Milano, teatro alla Scala, “A midsummer night's dream” di Benjamin Britten
UN SOGNO A COLORI
La Scala si è assunta quest'anno il necessario compito di diffondere il repertorio novecentesco e, dopo Leoš Janàček (L'affare Makropulos, 1926) e Igor Stravinskij (La carriera di un libertino, 1951), in queste settimane si alternano Assassinio nella cattedrale di Ildebrando Pizzetti (1958) e A midsummer night's dream di Benjamin Britten (1960), che arriva alla Scala incredibilmente per la prima volta in versione originale (unico precedente nel 1961 con libretto in italiano e ruolo di Oberon affidato a una donna).
Il libretto è dello stesso Britten e di Peter Pears e segue fedelmente l'originale shakespeariano, tralasciandone il primo atto, che si svolge direttamente nel bosco incantato e non nella reggia ateniese di Teseo, immergendo subito gli spettatori nella intricata vicenda amorosa.
Britten ha sempre mostrato interesse per le rivisitazioni ed ebbe un primo incontro con il Sogno quando curò una nuova versione di Fairy Queen di Purcell. Nel Sogno di una notte di mezza estate Britten utilizza versi bellissimi appoggiandoli a una musica geniale, che differenzia in modo efficace e sottile i tre diversi mondi che si sovrappongono nella vicenda. Il mondo sovrannaturale è affidato alle voci acute (Oberon è un controtenore che canta su moduli barocchi, Tytania è un soprano di coloratura, le quattro fate sono voci bianche) e dominato da arpe e clavicembalo; il mondo degli amanti è caratterizzato da recitativi accompagnati da archi e fiati; il mondo dei rustici è basato su fagotti e ottoni. In mezzo Puck, attore e acrobata i cui interventi parlati sono accompagnati da trombe e timpani.
L'allestimento di Robert Carsen (Festival di Aix en Provence, 1991) è splendido e mantiene inalterata la sua bellezza di sogno coloratissimo, elegante ed efficace. Il bosco è sostituito da un enorme letto con coperta ovviamente verde splendente che occupa tutto il palco (l'amore è smisurato). Nel secondo atto tanti letti, quante sono le possibilità di amare e di fare confusione in amore. Nel terzo atto i letti sono sospesi nel vuoto con le coperte a penzoloni; si abbassano per riportare sulla terra gli amanti e poi risalgono, trascinando la coperta verde che, sollevandosi, rivela una luna magrittiana oltre una finestra e mostra il palazzo di Teseo, dominato dal bianco.
I costumi storici con tocchi di contemporaneo sono sfarzosi e creati da Michael Levine (come le scenografie, perfettamente illuminate da Davy Cunningham), pieni di fantasia e colori: quelli degli amanti si sfilacciano e si schizzano di verde nel procedere della storia.
La regia sottolinea la storia con tocchi di lieve ironia, che divengono aperto divertimento durante la pantomima. Carsen accenna all'erotismo, sempre connettendolo con l'amore, con eleganza e misura. Complici le azzeccate le coreografie di Matthew Bourne: fatine ed elfi sono sempre in scena, spuntano da dietro il lettone con le parrucche azzurre, i baffetti verdi, i frac verdeazzurri, le scarpine verdi, i guanti rossi (come tanti grilli parlanti che seguono la vicenda).
Sir Andrew Davis dirige l'orchestra della Scala con leggerezza ed efficacia, ottenendo un suono trasparente che non copre mai le voci e ben sottolineando i diversi colori orchestrali associati ai diversi mondi, come sopra detto.
Adeguati gli interpreti: David Daniels (Oberon, bella voce ma un po' piccola per i grandi spazi del Piermarini), Rosemary Joshua (Tytania), Daniel Okulitch (Theseus), Natascha Petrinsky (Hippolyta), Gordon Gietz (Lysander), David Adam Moore (Demetrius), Deanne Meek (Hermia), Erin Wall (Helena), Matthew Rose (Bottom, perfetta la maschera da asino ma la voce ne esce velata), Andrew Shore (Quince), Christopher Gillett (Flute), Graeme Danby (Snug), Adrian Thompson (Snout), Simon Butteriss (Starveling). Ottimo l'atletico ed arlecchinesco Puck di Emil Wolk. Con loro Francesca Mercuriali, Elena Caccamo, Barbara Massaro e Nicolò De Maestri (le quattro fatine).
Da segnare con una nota speciale di merito la straordinaria prova del coro di voci bianche del teatro alla Scala e del conservatorio Verdi, diretto da Alfonso Caiani.
Diversi posti vuoti a teatro, aumentati dopo l'intervallo unico (avere unito primo e second'atto per una porzione unica di eccessiva lunghezza ha affaticato gli spettatori); pubblico alla fine molto plaudente. Durante la recita telefonini che suonano e flash di macchine fotografiche, ripetutamente: alla Scala non si era mai visto.
Visto a Milano, teatro alla Scala, il 13 giugno 2009
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Teatro Alla Scala
di Milano
(MI)