Reggio Emilia, teatro Municipale, “A midsummer night's dream” di Benjamin Britten
UN SOGNO IN PERIFERIA
La stagione lirica 2009/10 del Teatro Municipale di Reggio Emilia è stata inaugurata con un insolito titolo contemporaneo: A Midsummer Night’s Dream di Benjamin Britten, da lui scritta per il Festival di Aldeburgh (la cittadina inglese dove visse e morì) nel 1960, su libretto proprio e del compagno Peter Pears, tratto dall’omonima commedia di William Shakespeare. Questo nuovo allestimento, nato per inaugurare la nuova stagione lirica del Teatro Petruzzelli di Bari (la prima dopo l’incendio e la ricostruzione), è un’idea di Daniele Abbado, direttore artistico a Reggio, che ne ha curato anche la regia. Evidentemente Britten è uno dei compositori più amati da Abbato, considerando che ha già messo in scena a Reggio The Rape of Lucretia e il più noto Peter Grimes.
A Midsummer Night’s Dream è l'opera che forse più contiene in sé quasi tutti i temi e gli stili britteniani, ma soprattutto è il magistrale omaggio del maggiore compositore inglese contemporaneo al più grande poeta della sua patria: Britten riconosce l'immortale contemporaneità di Shakespeare e mette a sua totale disposizione uno scavo mirabile del testo e la propria musica, regalando uno dei momenti più alti di tutto il teatro musicale novecentesco. Tre le storie che s’intrecciano nella commedia, incentrata sull’occasione dei festeggiamenti per le nozze tra Teseo, duca di Atene, e Ippolita, regina delle Amazzoni. Intanto, altre coppie di amici stanno per trovare l’anima gemella, a cominciare dai due ateniesi Lisandro e Demetrio, entrambi innamorati di Ermia, e la stessa Ermia ed Elena. Ma, prima che uno scambio di coppie ristabilisca l’equilibrio amato-amata, il succo del fiore vermiglio di Cupido (che fa innamorare della prima persona che s’incontra al risveglio) dispensato dal folletto Puck, creerà non pochi colpi di scena, in mezzo ai quali Oberon, re degli elfi, troverà i modi per rivaleggiare con la moglie Titania regina delle fate per il possesso di un servo indiano. Il tema è l'amore, con le sue zone buie e le sue armonie conquistate faticosamente, in una poetica fusione tra il mondo fantastico delle allegorie rinascimentali e quello amoroso dei romanzi cavallereschi. I movimenti e le passioni degli innamorati che vi agiscono si avviluppano in nodi assurdi e si dipanano d'incanto, disegnando gli arabeschi di un "sogno" apparentemente insensato, in realtà governato dal capriccio d'Amore.
Sebbene vi sia una molteplicità di situazioni e intrecci, Abbado e lo scenografo Graziano Gregori hanno puntato sulla semplicità della narrazione. La foresta sembra lo scheletro di un capannone industriale. Gli unici movimenti scenici sono in verticale per Puck e circolare (su una pedana rotante) per le coppie Lisandro-Ermia e Demetrio-Elena. Lo splendido effetto delle luci creato da Valerio Alfieri rende ciò che non c’è. Si ammira la leggerezza di questo Sogno, trasportato dalla magica foresta degli elfi e delle fate alla proletaria periferia inglese, dove gli elfi non sono altro che monelli di strada dickensiani e dove Puck è un teppistello insolente e sbruffone, dove le coppie degli amanti per nulla differenziati si confondono tra di loro e lo spettatore a un certo punto non sa più chi ha davanti. Il regista ha evitato ogni evidente forma di naturalismo, poiché la musica di Britten dovrebbe già essere a sufficienza descrittiva da abolire in scena ogni forma di riferimento all’opera stessa. Indubbiamente in quest’ottica la visione onirica shakespeariana, che Britten ha voluto musicare, visivamente perde molto dei suoi connotati umoristici e fiabeschi.
Equilibrata e degna di menzione è stata l’intera compagnia di cantanti, quasi tutta di madre lingua inglese e tutti molto applauditi, che hanno saputo egregiamente combinare un’ottima recitazione con un bel canto. Molto bravo lo splendido recitante acrobata Tom Walker nel ruolo azzeccatissimo di Puck; particolarmente riuscita poi la caratterizzazione del gruppo degli artigiani, fra cui spiccava naturalmente il basso-baritono Jonathan Lemalu (Bottom). Incredibilmente brave le voci bianche del Trinity Boys Choir, i cui vestiti nulla avevano a che fare col mondo dei folletti e delle fate, piuttosto con quello della strada. Da segnalare che il controtenore William Towers, nel ruolo di Oberon ha cantato indisposto. Ricordiamo brevemente anche gli altri cantanti: Nora Amsellem (Tytania), Brian Nickel (Theseus), Elena Traversi (Hippolyta), Blagoj Nacoski (Lysander), Stephan Genz (Demetrius), Gabriella Sborgi (Hermia), Susannah Glanville (Helena), Joshua Bloom (Quince), Christopher Gillet (Flute), Mark Coles (Snug), Mark Wilde (Snout), George Mosley (Starveling).
La lettura esperta del maestro Jonathan Webb ha valorizzato i capolavori timbrici di questa partitura, ma l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi da lui diretta, però, non ha dato una brillante prova.
Nonostante fosse la prima opera della Stagione e nonostante il fragore mediatico, nelle due serate reggiane il Teatro ha avuto pochi spettatori. L’opera – che meritava senz’altro un pubblico più vasto – ha però suscitato grande entusiasmo tra i presenti: forse il pubblico emiliano è molto refrattario a tutto ciò che non sia melodramma.
Visto a Reggio Emilia, teatro Municipale, il 6/11/09
Mirko Bertolini
Visto il
al
Municipale Romolo Valli
di Reggio Emilia
(RE)