Nel periodo dei festeggiamenti per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità di Italia va in scena uno spettacolo teatrale dedicato al dovere di servire lo Stato, al sacrificio per la bandiera tricolore, al riconoscimento di un sentimento patriottico. Si tratta della pièce “Minchia signor tenente”(in scena sino al 27 marzo al Teatro de’Servi). Lo spettacolo, scritta da Antonio Grosso e diretta da Nicola Pistoia, trae ispirazione dall’omonima canzone sanremese di Giorgio Faletti.
Siamo in Sicilia. Sulla scena viene ricostruita una piccola stazione di carabinieri. Si alternano sul palco cinque carabinieri (due napoletani, un romano, un laziale e un siciliano) colti nella loro vita quotidiana al lavoro. Una quotidianità apparentemente tranquilla, senza emozioni, tormentata - si fa per dire – dal nuovo inflessibile tenente.
La commedia è interpretata da un validissimo cast (lo stesso Grosso e poi Daniele Antonini, Fabrizio D’Alessio, Josefia Forlì, Francesco Nannarelli, Antonello Pascale e Maria Antonietta Tilloca). C'è anche Natale Russo noto attore di cinema, televisione e teatro (diretto anche da Strelher). Alcuni interpreti, come Grosso e Forlì, hanno interpretato film e fiction di successo, e Tilloca partecipò alla prima edizione italiana del Grande Fratello, quella di Taricone.
Il primo atto scorre a ritmi veloci e divertenti. Complice la differenza dialettale tra i giovani protagonisti si susseguono tante e esilaranti gag ironiche.
Dal sorriso si passa quindi a momenti più riflessivi. Si rappresenta indirettamente la piaga della mafia attraverso il verace siciliano (Natale Russo) costantemente presente in caserma per denunciare presunti furti. È il simbolo di una Sicilia semplice, lontana dalla mafia, che crede nelle Istituzioni; fa comprendere come l'Arma sia un preciso punto di riferimento per la collettività, anche nei piccoli centri, al di là dei propri compiti.
Ma non c'è solo il tran tran quotidiano ed i carabinieri a volte perdono la propria vita adempiendo al loro dovere. Risuonano nella mente degli spettatori le parole del brano di Faletti che descrive l’Italia come il “paese dove ci si fa ammazzare per un milione al mese”.
Sul finale scorrono a video le foto di tante vere vittime della mafia, della camorra, della n’drangheta, sulle note della profonda canzone “Fango” di Jovanotti anche se, a nostro avviso, sarebbe stato più opportuno chiudere la messa in scena con il brano di Faletti a cui ci si è ispirati.