Prosa
MINETTI

'L'attore deve mettere in disagio, bimba mia'

'L'attore deve mettere in disagio, bimba mia'

Apre la stagione del Teatro Stabile di Genova il testo che Thomas Bernhard dedicò ad uno dei più grandi interpreti della scena tedesca del secondo Novecento: Bernhard Minetti. In realtà, lo scritto non è in alcun modo biografico, bensì è un'ipotetico “altro” percorso che un grande attore come Minetti avrebbe potuto seguire. Un'occasione per una lunga e profonda riflessione sull'Arte Drammatica, sull'essere attore e, soprattutto, sulle relazioni che questi instaura con il personaggio, l'autore del testo e il pubblico.

Lo spettacolo  segue il testo di Bernhard: fuori imperversa una bufera di neve, un vecchio attore – Eros Pagni - entra nell'atrio dell’albergo della città di Ostenda, cappello a larghe tese, un vecchio cappotto invernale, un ombrello che usa come bastone e una grande valigia con dentro tutta la sua storia. Ha un appuntamento con il direttore del teatro per organizzare il suo ritorno in scena dopo 32 anni di isolamento. Un ritorno in occasione del bicentenario del teatro, un ritorno importante in cui rimetterà in scena, per l'ultima volta, il suo Re Lear con la maschera fatta per lui da Ensor.

Il tempo passa, il direttore non arriva e l'attore scivola sempre più in fondo alla sua storia, alla sua follia dialogando con se stesso. Non è solo, con lui alcune presenze poco meno che mute: prima una signora in rosso, Federica Granata; gli uscieri, Marco Avogadro e Nicolò Giacalone; e al termine una giovane ragazza, Daniela Duchi; fantasmi di una mente annebbiata dalla propria ossessione fare per l'ultima volta il Re Lear con la maschera di Ensor.

In una lenta caduta si consuma il flusso interiore di un uomo e della sua grottesca confessione prima della sua ultima messa in scena. Una confessione che alterna accuse lucide, proteste vigorose contro la società instupidita e il teatro caratterizzato dall'osservanza consolatoria delle convenzioni, a momenti di passionali dichiarazioni d'amore verso l'arte e di estrema fragilità, come in alcuni scambi di sguardi e gesti tra la giovane ragazza e Minetti.

Tutto scivola senza scossoni, non gli intermezzi deliranti e ripetitivi dei giovani in maschera per i festeggiamenti della notte di San Silvestro – questo è la situazione temporale della pièce – e nemmeno i “girar” della struttura centrale della hall che da angolazioni diverse ad una stessa prospettiva, muta il ritmo con cui Minetti-Pagni segue la propria battagli e proclama la sua netta opposizione alla contemporaneità.

Tutto rimane parola e al pubblico spetta soltanto il silenzio di un ascolto.

Appare di buon auspicio che il Teatro Stabile di Genova inizi la propria stagione con un lavoro riflessivo sul senso del teatro nella società, un testo contemporaneo che critica, sintetizzando; il teatro ridotto a intrattenimento e ne rivendica il ruolo di messa in crisi della comunità; gli attori asserviti al gusto del pubblico; e infine sicuramente la società, ormai ridotta a pattume spirituale.

Per dirla con le parole di Minetti: il mondo pretende di essere divertito / e invece va turbato / turbato turbato / ovunque oggi ci volgiamo / null'altro che un meccanismo per divertire / Occorre precipitare tutto / nella catastrofe dell’arte.

Bello se fosse davvero un dichiarazione d'intenti. 

 

Visto il 13-10-2015
al Eleonora Duse di Genova (GE)