Prosa
MISERY

Misery non deve morire, nemmeno a teatro

Misery
Misery © Alice Pavesi

Sul palcoscenico, tre protagonisti: Arianna Scommegna, Carlo Orlando e Filippo Dini, che oltre a interpretare il ruolo di Paul Sheldon, dirige lo spettacolo confezionandolo come un thriller intimista.

Il grande pubblico ricorda il film diretto da Rob Reiner, il volto trasfigurato di Kathy Bates - che per questo ruolo ha vinto un Golden Globe e un Oscar come miglior attrice protagonista – e gli sguardi sofferenti di James Caan. 

Ma Misery, adattamento teatrale tratto dalla sceneggiatura che il pluripremiato romanziere William Goldman ha tratto dal romanzo di Stephen King per l’omonimo film, è molto di più di un thriller psicologico e lo si capisce subito dagli effetti sonori: il vento impetuoso, i lampi che annunciano una tempesta di neve, mentre la scena si illumina su una fatiscente casa isolata, tutto riconduce a dettagli cinematografici.

 

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

Ma in teatro l’atmosfera è anche più claustrofobica e l’impatto visivo di tale angosciante contesto è brillantemente risolto dalla scenografa Laura Benzi, tramite l’impiego di un unico girevole che mostra all’occorrenza i vari ambienti della casa (ingresso, cucina, esterno); naturalmente, il clou della vicenda si svolge nella camera da letto dove è tenuto rinchiuso Paul Sheldon (Filippo Dini), scrittore di successo, prigioniero, a seguito di un incidente stradale, della sua “ammiratrice numero uno”, Annie Wilkes.

Il lato più oscuro della creatività

Nell’immaginario collettivo, questa è la storia di un sequestro: Annie (Arianna Scommegna) diventa carceriera e torturatrice del suo scrittore preferito, rifiutandosi di accettare la morte del suo idolo, l’eroina dal ottocentesca Misery.

Nella versione per il palcoscenico, lo spettatore rimane inchiodato alla sedia perché vuole vedere fino a che punto può spingersi la brutalità dell’essere umano, in questo caso un infermiera psicopatica che si nutre di pagine scritte e non si ferma davanti a nulla pur di salvare – e rendere, a suo modo, giustizia – al suo idolo letterario.


Scavando nei meandri della follia, non è difficile rendersi conto che si tratta di una pièce sul tema dei dèmoni che circondano la creazione letteraria: Annie rappresenta il lato più oscuro e imprevedibile della creatività, colei che condanna l’artista, il lettore o lo spettatore alla ripetitiva, ma più autentica espressione del proprio talento, determinandone in maniera occulta le scelte.

Uno spettacolo intimista e spiazzante

Sul palcoscenico, tre protagonisti: Arianna Scommegna (Annie Wilkes), Carlo Orlando (sceriffo Buster) e Filippo Dini, che oltre a interpretare il ruolo di Paul Sheldon, dirige lo spettacolo confezionandolo come un thriller intimista, in grado  di tenere comunque lo spettatore costantemente con il fiato sospeso. 


Tuttavia, nei momenti di sofferenza del protagonista maschile, l’attore e regista non risulta del tutto credibile, come accade invece per gli scatti di estrema disperazione conseguenti alla condizione di prigionia forzata. L’interpretazione a tratti allucinata ed emotivamente intensa di Arianna Scommegna rivela le profonde sfumature interiori di un personalità complessa e border line come quella di Annie Wilkes.

Visto il 03-12-2019
al Gobetti di Torino (TO)