Prosa
(M)MEDEA

Medea - mother atavica

Medea - mother atavica

L'acqua come elemento femminile, atavico e genesi del tutto, liquido legato alla donna e ai miti che la vedono datrice di vita e lenitrice delle sofferenze. L'acqua unisce la Medea pre-euripidea, incarnazione dell'amore, con Llorona, leggenda messicana che narra il pianto di una madre abbandonata da un bianco colonizzatore, che, per disperazione, uccide i propri figli e annega nelle sue stesse lacrime.

Giusy Barone è Medea/Llorona, donna che conosce le ragioni dell'amore, che vive in una società dove la logica è dettata dalla violenza e dove la sapienza, legata all'istinto e alla vita, soccombe al potere e alla convenzione. E' un mondo maschile che si oppone alla natura, femminile come l'acqua, come la vita e la maternità.

Medea si bagna con l'acqua di una tinozza, è un tutt'uno con l'elemento da cui tutto nasce e danza raggiante il suo amore, radicato nel profondo del suo essere, mentre Giasone si fa lettore ufficiale della leggenda di Medea, nella versione stigmatizzata da Euripide. Simone Guarino, dietro ad un leggio, narra di una Medea demonizzata nei secoli, omicida dei suoi stessi figli, personificazione della follia e del furor barbarico, rigettata da una società razionale e civile che la condanna e maledice. Questa mistificazione è risibile agli occhi della protagonista, per natura trasparente e incapace di comprendere appieno la forza del pregiudizio e del potere.

I suoi gesti sono l'essenza della femminilità, coniugano dolcezza e premura alla sensualità e si contrappongono a quelli violenti e rudi di Giasone, sino a giungere con lui a momenti di fusione passionale che rappresentano la verità che emerge dalle convenzioni e dalle convenienze.

All'uomo che, dopo averla apostrofata come selvaggia e strega, appare infine in lotta con se stesso e incredulo delle sue proprie asserzioni, la protagonista racconta la leggenda di Llorona. Alle sue parole si alterna il lamento di Merope (la voce profonda e dolente di Laura Tartuferi), che, in controluce dietro un telo, piange la morte della primogenita uccisa dal marito Creonte, al fine di rompere il matriarcato e impossessarsi del trono di Corinto. La triade Medea-Llorona-Merope diventa il simbolo del dolore e dell'amore materno ferito a morte da una violenza sconosciuta al mondo femminile.

Medea/Llorona bagna il suo amato in un lavacro rituale che lo purifica dall'odio e lo trasforma sino a che lui stesso ripete le parole della leggenda e si unisce ancora alla sua donna in un abbraccio tra i due principi primi opposti e complementari del femminino e del mascolino.

Giusy Barone è l'incarnazione di tutto ciò che è femminile nel senso più antico ed istintivo del termine, senza alcuna concessione al vezzo o al piacevolmente grazioso. La sua interpretazione è carnale e istintiva, semplicemente è il mito atavico della donna-madre datrice di amore. Simone Guarino è sorprendente nel passaggio dalla violenza ottusa alla passione irrazionale e sincera, sino alla trasmutazione finale, laddove i suoi lineamenti diventano puri come il suo essere che si fonde con l'acqua e con il principio femminile che, unendosi a lui, lo purifica.

Una rivisitazione del mito alla luce delle leggende pre-euripidee, che trova legittimazione in una concezione della donna antica e strettamente legata alla terra madre. Ottima la scelta registica di Gianluca Ghnò che lega due miti appartenenti a culture diverse con l'elemento acquatico che, scorrendo ininterrottamente sui protagonisti, assume valore di rito magico-iniziatico. 

Uno spettacolo di rara originalità e intensità che avvolge lo spettatore in una dimensione che travalica il tempo per restituire valori immutabili ed eterni.

Visto il 25-11-2013
al S. Francesco di Alessandria (AL)