“Molto Rumore per Nulla”, nuova produzione di Fondazione Teatro Due, con la regia di Walter Le Moli, ha debuttato in prima nazionale assoluta l’8 gennaio 2011 presso il Teatro Due di Parma, con repliche fino al 23 gennaio. La lettura che Le Moli fa del celebre testo shakespeariano pone l’accento sulla sua dimensione di commedia musicale, giocosa, brillante, divertente, dai ritmi esilaranti, grazie all’accompagnamento di una strepitosa orchestra dal vivo costituita da 5 elementi: Pietro Aimi (pianoforte), Mirco Reggiani (clarinetto), Fabio Amadasi (trombone), Paolo Panigari (contrabbasso), Gabriele Anversa (batteria).
In scena l’Ensemble Fondazione Teatro Due – Pietro Aimi, Nicola Alcozer, Fabio Amadasi, Gabriele Anversa, Alessandro Averone, Paolo Bocelli, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Luca Criscuoli, Gigi Dall’Aglio, Paola De Crescenzo, Sergio Filippa, Francesco Gerardi, Luca Nucera, Paolo Panigari, Gianluca Parma, Francesca Porrini, Mirco Reggiani, Tania Rocchetta, Paolo Serra, Massimiliano Sbarsi, Massimiliano Sozzi, Nanni Tormen – dà vita agli straordinari caratteri così ben tratteggiati dal famoso drammaturgo inglese.
Le Moli ambienta la vicenda nel secondo dopoguerra, in un clima che lo stesso regista definisce “quello liberatorio della fine di un conflitto tragico, immersi nell’atmosfera musicale dell’epoca, fatta di swing, boogie woogie e del jazz bianco di Glenn Miller, un gruppo di militari appena tornati dalla guerra si ritrova in un mondo dai costumi più cortesi, in prevalenza femminile”. È appena terminata una guerra e si percepisca un forte desiderio di riscatto e di ottimismo che segue alle grandi tragedie. Da un certo punto di vista l’allestimento di Le Moli è estremamente contemporaneo, con un forte riscontro con l’attualità: anche noi stiamo vivendo in tempi bui, dove è difficile credere che ci sia una speranza, che la situazione possa cambiare, possa migliorare, e per questo è necessaria un po’ di sana ironia, che non significa disimpegno o superficialità, quanto piuttosto vuol dire tornare a sorridere, cercare di cambiare il punto di vista, la prospettiva sulle cose.
Il motore della commedia è l’amore, che ruota attorno al tema della beffa, espresso in due chiavi opposte, ma con un medesimo valore metaforico: in una beffa crudele che ha come frutto la morte – o l’apparenza della morte, e in una beffa giocosa e goliardica che ha come frutto l’amore, allo stesso modo si esprime il trionfo della parola, della rappresentazione, della forza dell’invenzione sulla realtà
“Molto rumore per nulla” è una commedia singolare, che intreccia in un perfetto gioco di armonie parallele una vicenda principale essenzialmente drammatica e una vicenda secondaria di voluta allegria e gaiezza: come spesso accade in Shakespeare, si tratta in realtà di una tragedia evitata. Con la seducente arma della parola, della rappresentazione, forse, in ultima analisi, del teatro, i due personaggi analoghi e contrapposti di Don Juan e Don Pedro, aspetto negativo e aspetto positivo di una stessa maschera di manipolatore, di amletico intrigante, creano le due vicende analoghe e contrapposte di una realtà d’amore distrutta dalla forza dell’invenzione e di una realtà d’amore rivelata dalla forza dell’invenzione. E al centro delle due vicende, in un inquietante inversione di ruoli tra follia e saggezza, il gruppo degli “sciocchi”, Dogberry, Verges, le due guardie, grotteschi alfieri della realtà, sono gli interpreti di quella verità che i “saggi” non sanno comprendere.
La creazione di una struttura che appare fortemente caratteristica di “Molto rumore per nulla”,
costituita da due trame contrapposte che si intrecciano con rara armonia: alla trama melodrammatica dell’amore di Hero e Claudio, brutalmente interrotto dalla crudele beffa/inganno di Don Jan, si intreccia e fa eco la trama gioiosa della ”allegra guerra” tra Beatrice e Benedetto interrotta dalla giocosa beffa/scherzo di Don Pedro.
Due inganni, due beffe, in cui la parola, parola priva di sostanza, intesa come strumento dell’immaginazione, afferma il suo predominio sulla realtà, poiché fa violenza alla realtà e giunge a farsene creatrice.
“Molto rumore per nulla” celebra il trionfo della parola, non del modo in cui la parola si esprime, si modula, non del linguaggio, ma della parola in se stessa, parola come invenzione, non come espressione di una realtà: parola che diviene mera apparenza contrapposta alla realtà. I due intrighi paralleli e contrapposti si differenziano tra loro per il ruolo profondamente diverso che nell’uno e nell’altro riveste la parola. Gli intrighi di Don Juan creano una falsa realtà, una finzione che appare vera per la forza ingannatrice della parola, per la magia dell’invenzione, della rappresentazione; sarà ancora la parola a cancellare la finzione, a ricreare la verità, l’identità tra realtà e apparenza, quando Claudio ascolterà le parole rivelatrici di Borracho. Gli intrighi di Don Pedro, invece, non inventano una finzione, una falsa apparenza: rivelano una realtà nascosta, la finzione non si muta in realtà, la finzione è, inconsapevolmente, realtà. Claudio e Leonato, Hero e Ursula, certi di interpretare una commedia d’amore inventata da Don Pedro, sono essi stessi beffati perché quella che credono commedia è realtà: l’amore tra Beatrice e Benedetto è vivo, seppure ancora inconsapevole, nella loro “allegra guerra”. È tipicamente shakesperiana l’invenzione della vicenda “giocosa” della commedia intrecciata sapientemente a quella melodrammatica, così come la creazione del quartetto comico che assume il ruolo di deus-ex-machina.
Lo spettacolo di Le Moli si caratterizza per l’ulteriore enfasi che viene data alla parola, evidenziandone il suo potere, la sua forza, attraverso le schermaglie e i duelli che i personaggi inneggiano tra di loro: il testo di Shakespeare è brillante e arguto, intelligente, l’intera vicenda è percorsa da ironia, umorismo e toni caustici.
La commedia è intimamente legata alla musica, scritta e curata da Alessandro Nidi partendo dalle note di American Patrol, Chattanooga Choo Choo, Stardust, Cheek to Cheek, Blue Moon, Summertime e molti degli standard classici di un’epoca: è una colonna sonora eseguita dal vivo, in pieno stile hollywodiano, l’orchestra è in scena e con la sua musica muove le vicende dei protagonisti, come l’orchestra di Glenn Miller faceva ballare le truppe americane dopo lo sbarco. L’impianto scenico di Tiziano Santi è volutamente scarno e minimale, i costumi di Gianluca Falaschi sono estremamente curati e il disegno luci di Claudio Coloretti è semplice ed efficace.
I personaggi di Le Moli sono lontani dal psicologismo ottocentesco, sono più dei caratteri, che ricordano quelli della commedia hollywoodiana, a cui si ispirano le atmosfere della messa in scena. La recitazione non sempre è efficace e sostenta, a tratti vi sono delle cadute di ritmo, in parte probabilmente dovute alla lunghezza dello spettacolo.
Apprezzabile il lavoro e l’impegno degli attori – menzione speciale per Alessandro Averone, un irresistibile Benedetto, divertente, irriverente e dotato di una forte presenza scenica e per Gianluca Parma, uno strepitoso Borracho, brillante e convincente - sebbene lo spettacolo abbia dei momenti di staticità: è un lavoro che si sta ancora calibrando, trovando una sua misura, una sua dimensione e un suo equilibrio e sicuramente l’eccessiva lunghezza della messa in scena non è d’aiuto.