Lirica
MOSé IN EGITTO

Roma, teatro dell'Opera, “Mos…

Roma, teatro dell'Opera, “Mos…
Roma, teatro dell'Opera, “Mosè in Egitto” di Gioachino Rossini Il ritorno di Mosè a Roma La riscoperta del Mosè in Egitto nella versione cosiddetta “napoletana” è un evento alquanto recente. Il rifacimento parigino dell’opera, frutto di una consistente rielaborazione, fece di fatto sparire dai cartelloni la versione su libretto di Tottola, andata per la prima volta in scena a Napoli il 5 marzo 1818. Il titolo ha cominciato a riapparire, pur raramente, nei cartelloni dei principali teatri a partire dalla fine degli anni Settanta: a Roma mancava dal 1988. Quella di questi giorni è stata un’occasione ghiotta per i patiti del genio di Pesaro di riscoprire un capolavoro che mette in luce le grandi capacità di drammaturgo di Rossini: basti pensare alla scena iniziale di forte impatto teatrale (l’Egitto immerso nel buio delle tenebre) o ai, davvero passionali, duetti d’amore tra Osiride ed Elcia. La produzione andata in scena al teatro Costanzi (scene e costumi di Alessandro Ciammarughi e regia di Marco Spada) proviene da Sassari. La scena è fissa ed è composta da porzioni di piramidi e piani inclinati praticabili per i protagonisti. Se in talune circostanze le soluzioni proposte aiutano a percepire la forte gerarchizzazione politica e religiosa della società egizia (Faraone canta spesso seduto su uno scranno che lo erge al di sopra della massa), in altri momenti impediscono di restituire in maniera più emozionante pagine bibliche di indubbia forza drammatica: le scene della piaga della grandine e lo stesso passaggio del mar Rosso, pur con l’ausilio di un gradevole uso di luci e proiezioni (a cura di Nevio Cavina), non risultano particolarmente incisive. Nel ruolo di Faraone Michele Pertusi, che in quei giorni era anche impegnato nei panni di Guillaume Tell presso l’Accademia di Santa Cecilia, davvero ricco di accenti e sfumature, che, oltre all’aspetto autoritario del personaggio, riesce a farci intravedere la sua umanità di padre nel finale del secondo atto. Vocalmente molto saldo, il basso parmense canta sempre tutto con ottimo gusto e convince in tutti i registri. Il suono è rotondo, pieno e sempre ben proiettato. Notevolissima l’attenzione posta alla parola scenica oltre che al canto. In sintesi un’interpretazione a tutto tondo che fa di Pertusi un riferimento per questo ruolo rossiniano. Giorgio Surian interpreta Mosè, la cui scrittura vocale privilegia il canto declamato e non prevede arie significative. La presenza scenica è indubbiamente notevole, il timbro gradevolissimo, la voce omogenea in ogni registro e la pronuncia molto buona. Ma, nonostante questo, il personaggio non convince appieno e risulta carente proprio l’aspetto di potente ieraticità che dovrebbe contraddistinguere la figura di Mosè. Anna Rita Talento colpisce per un’ampiezza vocale notevole e l’intensa drammaticità della sua interpretazione, disimpegnandosi egregiamente nell’aria di Elcia “Tormenti, affanni, smanie” e nel duetto “Ah se puoi così lasciarmi” con Osiride (un Filippo Adami purtroppo poco convincente e vocalmente non sempre all’altezza di un personaggio così vibrante e passionale). Tra i personaggi secondari si segnala l’Amaltea di Paula Almerares (davvero buono il duetto con Mosè della scena seconda dell’atto secondo); un gradino sotto l’Aronne di un Francesco Piccoli che solo a sprazzi canta col giusto piglio che il ruolo richiede. Adeguati, ma senza momenti degni di particolari segnalazioni, le prove di Irene Bottaio (Amenofi) e Federico Lepre (Mambre). Il cast è apparso quindi complessivamente alquanto disomogeneo. Anche il coro, che pure riveste un ruolo notevole, si è disimpegnato onestamente, ma non ha regalato emozioni particolari, neanche, purtroppo, nel celebre “Dal tuo stellato soglio”, che resta una delle pagine corali più belle musicate da Rossini. Ha convinto la concertazione del maestro Antonino Fogliari, che ha dato pienezza di significato alla descrizione dell’opera come azione tragico-sacra, riuscendo a valorizzare tanto gli aspetti per così dire “biblici” della partitura, quanto gli aspetti intimistici della vicenda amorosa, che non paiono assolutamente di secondo piano o di mero contorno alla vicenda. Poco numeroso il pubblico (come peraltro in altre occasioni durante questa stagione del Teatro dell’Opera), ed è un vero peccato visto la relativa scarsezza di occasioni di imbattersi in questo titolo nei cartelloni dei nostri teatri. Ad eccezione del concertato “Ah! non mi so frenar! Mi manca la voce”, la rappresentazione ha strappato timidi applausi di cortesia. Visto a Roma, teatro Costanzi, l'1 dicembre 07 Giuseppe Sapio
Visto il
al Teatro dell'Opera di Roma (RM)