Debutta al Festival di Spoleto 2018 Mussolini: Io mi difendo!, lo spettacolo scritto a quattro mani da Corrado Augias e lo storico Emilio Gentile, uno dei maggiori specialisti del fascismo italiano, e con Massimo Popolizio nel ruolo del duce. Una triade perfetta, verrebbe da dire: la competenza storica dell’uno, la capacità comunicativa e divulgativa dell’altro, l’abilità interpretativa del terzo. E ancora: l’accusa rappresentata da Gentile, la soggettività delle ragioni incarnate da Popolizio, l’equilibrio del giudizio impersonato da Augias.
Un processo spettacolare
Questo spettacolo è a suo modo un processo, sia nella forma che nelle intenzioni. Gli appassionati di teatro ricorderanno Renzo Giovampietro, attore e regista che si era dedicato, già diversi anni fa, a calare alcuni personaggi della storia in uno spazio teatrale che fosse aula di tribunale. Erano nati così spettacoli come Processo a Socrate, Processo a Catilina, Processo a Leopardi e molti altri. Il processo è, forse insieme con il rito religioso, una delle forme teatrali più longeve, affondando le sue radici in quell’ansia di contradditorio che l’uomo si porta dentro atavicamente. E lo stesso fa Augias, quando in scena spiega che quello cui assisteremo è un processo con il pubblico chiamato a fare da giuria popolare, mentre alle sue spalle fanno il loro apparire l’accusa, Gentile, e l’imputato Popolizio/Mussolini.
Un processo dunque, ma a chi? A Mussolini che di processi non ne ha mai affrontato uno? Anzi, il suo corpo esibito brutalmente in Piazzale Loreto a Milano dimostra semmai che quell’esecuzione non ebbe bisogno di alcun processo. Eppure il duce sentiva che questa possibilità avrebbe potuto esserci, per questo aveva preparato una linea difensiva da leggere davanti a un eventuale tribunale alleato. Con l’aiuto di contributi filmati, proiettati alle spalle dei tre, si ripercorre la storia del giovane Mussolini socialista fino alla conclusione della guerra civile, intanto in scena Gentile incalza con documenti alla mano e Mussolini/Popolizio dà fiato alla sua roboante retorica.
Quando Mussolini andò in minoranza
Augias presidente di tribunale richiama il duce più volte, ma per Mussolini attenersi ai fatti è difficile, il suo spirito è quello di ricordare quanto gli italiani lo abbiano voluto, un’invenzione della propaganda, ribatte invece l’accusa, l’entusiasmo degli italiani era spesso paura e trascinare folle esultanti nelle piazze è d’altro canto proprio di qualsiasi dittatura. Il confronto procede tra dati snocciolati al pubblico/giuria popolare e argomentazioni a partire da alcune date importanti come il delitto Matteotti, la dichiarazione di guerra a Francia e Regno Unito, e soprattutto la convocazione del Gran Consiglio del fascismo il 25 luglio 1943 da dove Mussolini uscì politicamente morto.
Gentile assicura che anche quella fu una mossa astuta, far ricadere la propria fine sui più alti membri del partito, Mussolini/Popolizio ribatte che a quelle canaglie che formavano il Gran Consiglio non riconosce alcuna dignità umana e politica. Il duce attacca, non ha perso la sua faccia indomita e aggressiva, l’accusa rilancia con la pacatezza del ragionamento e a volte anche con saccente superiorità. Augias e Gentile spesso si alzano, sembrano voler dialogare con il pubblico, assicurarsi che la sua comprensione sia massima, solo Popolizio invece non si alza mai, amplificando così l’arroganza dei suoi interventi.
Alla fine tocca al pubblico votare: pochissime timide braccia si alzano a favore del capo del fascismo italiano, la stragrande maggioranza lo condanna. Questo pezzo di storia italiana fa davvero ancora così male?