Il tema del Festival 2013 è “Muri e divisioni” e pare come inevitabile in quel monumentale Sferisterio che ha nel muro di mattoni il suo tratto distintivo, essendo stato progettato da Ireneo Aleandri nel 1823 come stadio per il gioco della palla al bracciale.
Quest'anno l'Associazione Arena Sferisterio, con la direzione artistica di Francesco Micheli, inizia una celebrazione per Giuseppe Verdi che vede in scena in tre anni l'intera trilogia popolare e altre tre opere del compositore: 2013 Nabucco e Il trovatore, 2014 La traviata e Aida, 2015 Rigoletto e qualcos'altro. Inoltre l'anno prossimo ricorre il cinquantenario della stagione lirica maceratese, per cui sono stati già annunciati titoli, date e cast tecnici delle opere in cartellone.
Nabucco è stato affidato a Gabriele Vacis, da pochi mesi direttore artistico della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e regista teatrale che si è sempre contraddistinto per l'impegno civile. La sua regia racconta una storia di potenti in lotta tra loro per la posizione dominante; la ricchezza muove il mondo e detta le regole di una società che ha dimestichezza quotidiana con le armi e dove l'acqua è il valore primario (all'inizio si assiste alla “vestizione” di ragazzine trasformate in killer).
Infatti lo spettacolo ha la chiave per decifrare il senso della scenografia di Roberto Tarasco in una celebre frase di Vandana Shiva: nel passato le guerre si combattevano per la terra, nel presente per il petrolio, in futuro per l'acqua. Dunque la Gerusalemme da conquistare è una massa di bottiglie di plastica, quei contenitori che possono sembrare immondizia ma che, pieni d'acqua, garantiscono la sopravvivenza di un popolo.
Nel primo atto sul palco una riproduzione di Gerusalemme in miniatura realizzata con bottiglie di plastica trasparente, quelle da un litro e mezzo che si usano ogni giorno a tavola, appoggiate su una grande mappa della città che poi sarà appesa in alto. Il muro dello Sferisterio durante l'ouverture è usato per la proiezione di immagini di Gerusalemme vista dal monte degli ulivi, una panoramica dalla cupola della roccia alle torri condominio dei territori palestinesi; poi scene quotidiane (un mercato, un venditore di bakhlava, la stazione degli autobus, la via che scende dal parlamento, ragazzini che vanno a scuola, persone a passeggio o che lavorano) intervallate dal muro occidentale, i grandi antichi blocchi di pietra a ricordare una distruzione e il senso della memoria; infine ebrei, musulmani e cristiani che pregano e scontri, dentro la basilica del Santo Sepolcro e non solo.
Negli atti successivi la scena è articolata con sei pannelli realizzati sovrapponendo (a formare enormi quadrati) i contenitori dell'acqua che si usano negli uffici, pannelli mossi a mano per definire gli spazi o, rovesciati, usati come portafiori, rossi papaveri nel blu della plastica infilati nel collo dei bottiglioni. Barriere d'acqua che si tingono di diverso colore a seconda della luce proiettata da dietro con grande suggestione.
Su una mappa del medioriente si muovono uccelli in volo: chi è stato anche una sola volta a Gerusalemme sa che è immagine tradizionale della sera. La corona reale è oggetto di pretese a tre: le mani predatrici di Nabucco, Abigaille e Fenena se la contendono, ma, nel momento in cui Nabucco è colpito, Fenena lo soccorre e Abigaille si impossessa del simbolo di potere.
Ritmano la sequenza degli atti i versetti delle Sacre Scritture, parole che possono essere usate per salvare anime ma anche per combattere i vicini. C'è grande naturalezza nel passare da un atto all'altro: un solo intervallo tra secondo e terzo atto, gli altri saldati insieme. In Va' pensiero il coro (un po' profughi, un po' turisti) è schierato davanti ai contenitori per l'acqua: se nell'originale si suppone essere il Tigri, fiume che oggi attraversa Baghdad come un tempo Babilonia, i contenitori per l'acqua nella contemporaneità rimandano soprattutto a quel Mediterraneo miraggio e muro per i migranti. Ecco allora che, nel finale dell'intenso momento, un ragazzo di colore in primo piano indossa una felpa con scritto “Italia”.
Il senso delle bandiere del finale potrebbe essere quello di allargare a ogni paese del mondo il discorso sull'acqua, sulle armi, sulla guerra. Anche così il globo terreste che rotea sul palco prima di essere appeso a una certa altezza e di cadere, con poca efficacia, a simbolizzare la distruzione del tempio di Belo (laddove il fulmine che colpisce Nabucco è una traccia sulla mappa di Gerusalemme come un volo di fatine).
Nell'ultima scena la luce sul muro dello Sferisterio che ne sottolinea le asperità e i raggi che si incrociano nel cielo buio sopra la platea sono di rara suggestione (perfette le luci di Roberto Tarasco in ogni momento). Anche i costumi sono di Roberto Tarasco, contemporanei e mediorientali: con evidenti richiami quelli degli ebrei, meno quelli dei babilonesi, tute da meccanico arancione, divise militari, abiti con velo per le donne. Scelta che non bene identifica le masse in contrapposizione rendendo meno comprensibile nell'immediatezza il dipanarsi della vicenda.
La regia di Gabriele Vacis resta tradizionale nonostante l'ambientazione contemporanea e il collegamento con l'acqua. Attenzione viene data alla gestualità e per questo il luogo dell'azione viene ristretto al centro del lungo palcoscenico.
Antonello Allemandi è attento ai tempi, declinati in modo da dare giusta enfasi ai momenti di grande forza corale e lirico ripiego ai momenti di maggiore intimità, con l'attenzione che merita uno spettacolo come quello pensato da Gabriele Vacis; però il suono manca di morbidezza a discapito della compattezza della partitura.
Alberto Mastromarino è un Nabucco combattente, guerriero e capo militare, vestito militare con vago richiamo a Che Guevara; la fibra vocale non è compatta, oscillazioni ne minano la saldezza e il timbro non ha reso appieno la grandezza del personaggio anche per qualche difficoltà nell'emissione soprattutto dopo l'intervallo. Si è apprezzata l'Abigaille di Virginia Tola, volume importante e registri saldi, con salite in acuto senza incrinazioni ma suscettibili di perfezionamento e di controllo; il soprano è dotata di notevole temperamento, espresso da un potente registro centrale e da un grave profondo e intenso che caratterizzano una Abigaille guerriera, dall'aspetto forte, quasi maschile per determinazione, capo popolo non per scelta ma per innata indole al comando. Meno a fuoco l'Ismaele di Valter Borin, risultato debole. Convince la Fenena di Gabriella Sborgi, donna integra e coraggiosa che non rinuncia ai propri sentimenti e a quello in cui crede ma che non fa compromessi: sceglie la spiritualità e l'amore in una realtà dove armi e odio dominano la scena. Apprezzato dal pubblico lo Zaccaria di Giorgio Giuseppini. A completare il cast Francesco Facini (Gran Sacerdote), Enrico Cossutta (Abdallo) e Anna Maria Stella Pansini (Anna). Il coro lirico marchigiano, preparato da David Crescenzi, si concentra sull'esecuzione del Va' pensiero ma ha ruolo di vero co-protagonista nell'economia dell'opera. Partecipa alla messa in scena la Banda Salvadei Città di Macerata.
Pubblico numeroso, molti applausi a scena aperta per il cast, consensi unanimi ma tiepidi nel finale per l'allestimento. Tra i presenti la Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldini, nata e cresciuta nel maceratese: uscendo ha espresso parole di vivo apprezzamento per un allestimento così emblematico della contemporaneità.