Lirica
NABUCCO

Lo spazio bianco

Lo spazio bianco
Genova, teatro Carlo Felice, “Nabucco” di Giuseppe Verdi LO SPAZIO BIANCO In questi ultimi anni abbiamo assistito a Nabucco dominati da gabbie (Arena di Verona) e muri (teatro Regio di Parma), dove la vicenda è notturna e caratterizzata da colori scuri e claustrofobici. Questo allestimento sorprende per motivi opposti: il palcoscenico è sconfinato, spazi aperti e una tinta dominante chiara e luminosa. La scena è occupata da una bassa gradinata emiciclica (e semovente), una specie di odeon classico bianco. Intorno il vuoto, nessun fondale a limitare lo sguardo: un vuoto bianco, come di prospettiva aperta. Perfetto per i teatri di Palermo e Genova, città che guardano l'infinito nel mare e dove questo Nabucco ha inaugurato le stagioni liriche 2010. La scena di Alessandro Camera è giocata sul confronto-contrasto tra i caratteri dell'alfabeto ebraico ed i segni della scrittura cuneiforme: nel primo atto le lettere ebraiche sono scritte su strisce-pannelli verticali che racchiudono in un quadrato una grande menorah a simboleggiare il luogo sacro; negli altri tre atti i caratteri cuneiformi rivestono un grande e rigido cilindro che si alza e si abbassa al centro dell'odeon per rivelare luoghi o caratterizzare spazi. Spesso è presente una scalinata di piastrelle azzurre che mi sono parse simili a quelle delle porte di Babilonia del museo di Pergamo a Berlino. Al momento della caduta della torah sul finale del primo atto alcuni pannelli vengono abbassati a terra con delle funi a vista; Nabucco, al suo arrivo, rovescia la menorah. L'idolo infranto del quarto atto è un medaglione di carta bianca goffrata che si incendia, lasciando il palco al buio per alcuni secondi. L'odeon bianco in alcuni momenti ruota a chiudere lo spazio del proscenio, creano un effetto “interno” per chi si trova a cantare davanti, verso il pubblico. Il mondo dei babilonesi è visto come barbarico, forse primitivo, anche nei costumi di Carla Ricotti: Abigaille e Fenena hanno lunghe treccine e vestono, come Nabucco, di rosso fuoco, staccando nettamente gli altri in beige, avorio o celeste. Molto efficaci gli abiti delle masse, indistinte nei colori chiari. Più ridondanti quelli dei protagonisti, a culminare con il mantello di piume di Abigaille, abbinato alle ali piumate del Sacerdote. Le luci di Luciano Novelli hanno avuto qualche problema, non solo nei puntamenti: di certo saranno perfette per le repliche. Però sugli sfondi sono parse più efficaci nei bianchi che nei colorati. Saverio Marconi lascia parlare la musica, scegliendo di non intervenire in modo significativo (lui che ci ha abituato a effetti sbalorditivi e spettacolari nei suoi musical) e non sovrapponendosi in alcun modo alla musica. Nabucco è opera centrata sul coro ed il coro è al centro della scena in modo che impatti immediatamente l'occhio dello spettatore. La gestualità è ridotta al minimo: il cantante esprime (rectius dovrebbe esprimere) le emozioni con la voce. Infatti sono privilegiate le pose frontali ed i protagonisti sono spesso in proscenio. E’ noto l’amore che Daniel Oren nutre nei confronti di Nabucco, opera spesso frequentata e con cui dichiara intrattenere un rapporto particolare sul piano personale. Ma se da un lato il forte coinvolgimento emotivo produce un’esecuzione trascinante, caratterizzata da notevole pulsione ritmica e perfettamente calibrata nel rapporto voci–orchestra, il suo continuo incitare con il gesto e la parola orchestra e coro toglie poesia ai momenti di massimo raccoglimento, come il sussurrato mormorio di “Va' pensiero”, quasi occultato dal fremito plateale del Maestro. L’orchestra del Carlo Felice ha risposto con un’esecuzione pulita ed equilibrata, dimostrando notevole varietà di fraseggio orchestrale. Il coro, non sempre preciso in certi attacchi, ha rivelato maggiore affiatamento negli interventi da protagonista ed è stato preparato da Ciro Visco. Sergey Murzaev è un Nabucco dalla voce pastosa e materica, una voce immensa la cui capacità di suggestione risiede in una materia salda e granitica di grande tenuta ed estensione, adatta a mettere in rilievo la componente “barbarica” di Nabucco; se certe frasi acquistano grande forza drammatica in virtù di una prestanza vocale a cui nel ruolo non siamo più abituati (davvero empio e terribile “Non son più re, son Dio”, molto coinvolgente l’incontro–scontro ad alta tensione con Abigaille), manca quell’accento propriamente “verdiano”, fatto di mezze voci, varietà di fraseggio e sfumature, necessario per tratteggiare l’evoluzione del re assiro, per cui il personaggio è risolto a metà. Dimitra Theodossiou dimostra ancora una volta perfetta aderenza vocale e drammatica con Abigaille, di cui offre con voce salda e sicura un eccellente ritratto. Più “cattiva” del solito nell'atteggiamento e negli sguardi infuocati, dalle invettive penetranti e taglienti come lame d’acciaio (stupendo il suo “Schiava”), domina la tessitura impervia risolvendo con grande naturalezza i salti ascendenti e discendenti che il canto di sbalzo richiede, sfruttando i contrasti a fini espressivi per suggerire il carattere estremo di una donna orgogliosa e fragile, ma capace di infinita dolcezza. Riccardo Zanellato, pur non disponendo di voce particolarmente possente, conferisce giusta autorevolezza e forza profetica a Zaccaria: merito di un’interpretazione controllata e ampio fraseggio, propri del Sacerdote ispirato da Dio. L’Ismaele di Nazareno Antinori non riesce a imporsi né per presenza scenica né tanto meno per fascino vocale; la voce di limitata estensione stenta a passare l’orchestra e compromette la riuscita dei concertati. Fenena resta personaggio di secondo piano, ma Tiziana Carraro ha voce lirica e gradevole e la sua preghiera risulta sentita. Carlo Striuli ha la giusta gravitas per il Gran Sacerdote di Belo. Con loro Erika Pagan (Anna) e Alberto Profeta (Abdallo). Pubblico tiepido, nonostante il “Va' pensiero” sia iperconosciuto e attesissimo. L'assenza, durante gli applausi finali, di regista e team tecnico, ha sorpreso i presenti, molto eleganti per la serata inaugurale della stagione. Con Nabucco il Carlo Felice passa alla programmazione ad anno solare, sperando uscire prestissimo dal commissariamento. Di certo questa stagione ha le carte in regola per portare molto pubblico, offrendo titoli di grande repertorio (Lucia, Tosca, Barbiere, Traviata, Opera da tre soldi), accanto a proposte meno usuali ma parimenti interessanti (Tristan und Isolde, Anna Karenina e i Ballets Russes) e al teatro musicale (Flauto magico secondo l'Orchestra di Piazza Vittorio) e Concha Bonita. In mezzo una stagione sinfonica centrata su Chopin. Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 19 febbraio 2010 FRANCESCO RAPACCIONI con la collaborazione di Ilaria Bellini
Visto il
al Carlo Felice di Genova (GE)