Lirica
NABUCCO

Nabucco al muro

Nabucco al muro
Parma, teatro Regio, “Nabucco” di Giuseppe Verdi NABUCCO AL MURO Nabucco è considerato il primo capolavoro di Verdi e vi troviamo, all’interno di una trama corale forte rappresentata dal destino degli ebrei oppressi e dal contrasto di popoli e di fedi, l’emergere di due destini individuali di grande rilievo vocale ed espressivo, divisi fra desiderio di potere e amore. Nonostante le vicende dei personaggi siano schiacciate dalla potenza di un affresco corale in cui si riflettono passioni patriottiche e speranze risorgimentali, la controversa figura di Nabucco s’impone e inaugura la serie di vecchi verdiani emotivamente travolgenti (Foscari, Monforte, Simon Boccanegra, Fiesco, fino ad arrivare a Filippo II), lacerati dalla solitudine del potere che nega il mondo degli affetti. Al Regio di Parma è stato riproposto l’allestimento di Daniele Abbado con scene e costumi di Luigi Perego, presentato l’anno scorso nell’ambito del Festival Verdi al teatro Valli di Reggio Emilia. La regia, piuttosto statica e minimale, è caratterizzata da un’imponente parete mobile in pietra di Gerusalemme, citazione del Muro del pianto, incastonata in quadrate cornici concentriche e ricoperta di fregi. L’imponente parete determina il movimento scenico, confinando l’azione nel proscenio, e schiaccia la massa corale in primissimo piano sotto un’alta zoccolatura su cui si svolgono le vicende individuali con un effetto bassorilievo che nega profondità prospettica e sviluppo drammatico ma che contribuisce al colore biblico e storico. A seconda dell’inclinazione e dei giochi di luce il muro assume connotazioni diverse tingendosi d’oro e rivelando preziose trame evocative degli splendori profani di Babilonia o facendo risaltare la pietra nella sua spirituale nudità. Dalla parete calano come ponti levatoi tavole che generano scalinate praticabili piuttosto che il letto per il delirio di Nabucco o un altare sacrificale per Fenena, creando altresì squarci nella parete che mostrano sfondi di diverso colore in sintonia con la situazione drammatica. Il retro del muro abbozza una situazione da “interno”, ricreando nella sua scabra essenzialità un ambiente adatto ai momenti d’introspezione o di confronto diretto fra i personaggi. Più di una perplessità la destano i costumi: di fronte alle masse vestite da ebrei o in generici abiti contemporanei (ma senza una caratterizzazione univoca i due popoli tendono a confondersi nel corso dell’opera generando confusione) i protagonisti impaludati in costumi tradizionali assiro- babilonesi secondo i dettami dell’iconografia ottocentesca sembrano ridicoli e fuori luogo. Un cast partecipe e coinvolto ha contribuito alla riuscita dello spettacolo. Leo Nucci sfodera con un’esecuzione in crescendo tutta la classe e il mestiere, tratteggiando con gesto misurato e pregnante, ma soprattutto per la capacità di accento, il progressivo sfumare di Nabucco dalla barbarica protervia allo smarrimento delirante fino all’umanità dolente. Non si finirà mai di lodare il colore della voce, il fraseggio ed il legato e l’atteso “Dio di Giuda” ancora una volta commuove per la morbidezza del canto e le mezze voci. Dimitra Theodossiou ha voce tagliente e sicura, adatta ad esprimere l’orgoglio e l’ambizione disumana di Abigaille, di cui crea sulla scena un eccellente ritratto per il gesto imperioso e il volto altero da regina cattiva. Con la grinta consueta risolve le agilità più impervie, ma è nei momenti di ripiegamento lirico che risulta più convincente grazie a un canto piegato a fini espressivi che con mezze voci e pianissimi toccanti mostra l’altra faccia del personaggio e una passione intrisa di vibrante dolcezza. Nel ruolo di Zaccaria la voce di Riccardo Zanellato non ha quella gravitas propria del sacerdote pugnace, ma la rotondità di emissione e il pieno controllo contribuiscono a un’interpretazione sentita che incontra il favore del pubblico. Buona la prova di Bruno Ribeiro, Ismaele eroico e virile, di bella voce e fraseggio accurato. Nel ruolo di Fenena Anna Maria Chiuri sfoggia voce piena e corposa e la preghiera è sentita. Fra i comprimari si distingue Cristina Giannelli nel ruolo di Anna, di minore rilievo il Gran Sacerdote di Alessandro Spina e Abdallo di Mauro Buffoli. Il giovane Michele Mariotti con gesto espressivo e affascinante tiene in pugno l’orchestra dimostrando pieno controllo di buca e palcoscenico con una lettura che trova la giusta sintesi fra abbandono e pulsione ritmica, intimismo e piglio risorgimentale. Mariotti attutisce le sonorità aggressive e bandistiche dando pieno risalto agli spunti meditativi della partitura, come rivelano i curati interventi degli strumenti solisti (struggente il lamento del violoncello che introduce la preghiera di Zaccaria) e i concertati dove i cantanti sono ben individuabili e valorizzati. Dopo l’ottima prova dei Due Foscari, il Coro del Regio guidato da Martino Faggiani si riconferma fin dalle prime battute di grande levatura e non a caso il momento più intenso è stato il “Va' pensiero”, con il coro in piedi stretto a bozzolo al centro della scena illuminato da una luce livida. Il pezzo così famoso, ma per certi versi svilito da certa pratica esecutiva, ha ritrovato il suo senso d’invocazione sentita e struggente attraverso una miriade di sfumature, stupendi pianissimi e diminuendi, pervasi da folate esplosive. Anche nel rito del bis la magia si è ripetuta facendo restare il pubblico a lungo col fiato sospeso pur di non perdere l’attacco appena mormorato e il sussurro finale tenuto lunghissimo. Un pubblico composito fra cui spiccavano numerosi gruppi di stranieri ha partecipato alla gioia collettiva applaudendo con grande calore tutti gli interpreti e gridando il consueto “Viva Verdi “. Visto a Parma,teatro Regio, il 14 ottobre 2009 Ilaria Bellini
Visto il
al Regio di Parma (PR)