Lirica
NABUCCO

Un monumento equestre per il Nabucco del Teatro Verdi di Trieste

Nabucco
Nabucco © Visual Art

NABUCCO - La Recensione. Nabucco è titolo graditissimo al pubblico. Ed in effetti al Teatro Verdi di Trieste benché apparso appena quattro anni fa, ha riempito lo stesso la sala.

La peculiare natura del Nabucco ha sollevato sempre vari considerazioni sull'inconsueto argomento biblico, e sull'onnipresenza dei cori. La recente pubblicazione del saggio di Franco Piperno La Bibbia all'Opera ha messo in luce come qui Verdi si cimentasse in una tipologia musicale – il sacrodramma – nata per porre comunque in scena durante la Quaresima qualcosa che assomigliasse al melodramma, bandito in tale periodo penitenziale.

Non il solito oratorio, bensì un vero spettacolo,con tanto di scenografie e costumi. Però dal soggetto religioso o quantomeno di carattere edificante. Il sacrodramma, nato sul finire del '700, ebbe il suo massimo fiorire all'ombra del Vesuvio: il Mosè in Egitto di Rossini (1818) ne costituisce l'apice, Il Diluvio Universale di Donizetti (1830) un episodio ragguardevole. Ed il Nabucodonosor di Verdi (dato nel marzo 1842 alla Scala, quando la stagione di carnevale, come in tanti teatri, scivolava in Quaresima) l'estremo esempio. Perché, oramai, le antiche interdizioni religiose avevano perso vigore.

Un'opera che non stanca mai

Nabucco è titolo graditissimo al pubblico. Ed in effetti al Teatro Verdi di Trieste benché apparso appena quattro anni fa, ha riempito lo stesso la sala. L'allestimento è stavolta quello del Ponchielli di Cremona, con le monumentali ed essenziali scenografie di Emanuele Sinisi; a creare forti effetti visivi provvedono le luci di Fiammetta Baldiserri; i fantasiosi costumi sono di Simona Morresi e Veronica Pattuelli. La regia - sobria e lineare nell'impianto, nondimeno narrativamente assai eloquente - è quella di Andrea Cigni, ripresa da Danilo Rubeca.



Dalla buca presiede il direttore Christopher Franklin, che ottiene una buona prestazione complessiva dall'orchestra di casa. La sua concertazione non è magari piena di calore ed impeto, ma comunque funziona come un orologio svizzero. Sceglie tempi adeguati e dinamiche corrette, trova i giusti colori; e sempre vigile, sostiene a dovere tanto i cantanti – attento a rallentare per far riprendere fiato – quanto il coro, sesto protagonista dell'opera. Preparato da Francesca Tosi, ed in questo contesto in stato di grazia.

Per un vero condottiero, un monumento equestre

Nabucco entra in scena da vero condottiero, innalzato su un monumento equestre: lo impersona con pregevole eloquenza vocale Giovanni Meoni, interprete solito a ruoli belcantistici. E dato che il giovane Verdi si muove nell'epicentro del triangolo Bellini/Donizetti/Mercadante, il suo Assiro che procede all'insegna di un canto nobile, misurato, elegante e morbido, senza sbavature né eccessi sanguigni, risulta in scena sopraffino. Degno contraltare lo Zaccaria di Nicola Ulivieri, interprete di simile carattere e formazione. Si potrebbe obiettare che non è un vero cantante verdiano, però sa risolvere la ieratica figura con oculata perizia ed indubbia intelligenza: Dalla sua ha poi un'emissione calda e fascinosa, ed un fraseggiare di non comune ricercatezza.



Il giovane tenore Riccardo Rados offre un Ismaele senza vero carattere, a causa d'una vocalità in parte ancora da mettere a fuoco: però sotto sotto il materiale buono si intravede. Pienamente centrata invece la Fenena di Aya Wazikono, mezzosoprano dal timbro luminoso e vellutato, che vanta un saldo tirocinio di formazione e adeguata proprietà di stile. Deludente è invece la Abigaille di Amarilli Nizza, ruolo che oggi non le pertiene e che la vede in qualche difficoltà. Nella sua esecuzione affiorano difatti inattese asperità, e persino talune problematicità tecniche. Tanto che “Ben io ti invenni,o fatal scritto” viene risolto più calcando la recitazione che risolvendone appieno il lato musicale. Il resto del cast vede Rinako Hara (Anna), Andrea Schifaudo (Abdallo), Francesco Musinu (Sacerdote di Belo).

Visto il 20-01-2019
al Verdi di Trieste (TS)