La "colpa" è tutta di Renato Carosone se Stefano Bollani, versatile compositore e straordinario improvvisatore, capace di spaziare con la creatività tra più generi apparentemente lontani, è innamorato di Napoli. A 11 anni incise una cassetta con delle sue canzoni e la inviò al maestro, che, per fortuna, si prese la briga non solo di rispondergli ma di dispensare consigli: «ascolta molto blues e molto jazz». E così fu.
Oggi con "Napoli Trip", nuovo progetto discografico uscito due mesi fa per la Decca Records, Bollani sembra quasi voler ringraziare il suo mentore mettendo in musica una vera e propria dichiarazione d'amore per Napoli, città che - confessa il musicista - ha frequentato più di Rio, luogo a lui molto caro.
E proprio con lo stesso spirito di Carosone, gaudente e leggero, il compositore fiorentino, con la complicità di Jim Black alla batteria, Nico Gori al clarinetto e del napoletanissimo Daniele Sepe al sassofono, ha offerto martedi sera all'Arena Flegrea, un ritratto molto personale, scevro da luoghi comuni, del “Paese d’ ‘o sole" improvvisando anche un siparietto in lingua napoletano-americana con il musicista partenopeo, il cui apporto al disco è stato di fondamentale importanza.
In un'atmosfera frizzante e briosa, a volte irriverente, il "trip" di Bollani ha attraversato più linguaggi musicali, dal jazz, alle ritmiche brasiliane e mediterranee, al blues, ora servendosi solo del piano come in "’Nu quart e ‘luna" o nel toccante omaggio a Pino Daniele con "Putess essere allero", ora del contributo dei suoi "compagni di viaggio" come in “Napoli's Blues”, dove l'assolo di clarinetto di Gori ha sballottato il pubblico su e giù per il pentagramma, o nell'omaggio a Nino Taranto con "Il Bel Ciccillo" piuttosto che nell'ironica "Guapparia 2000" in compagnia di Lorenzo Hengeller.
Dall’ironia il "trip" è sprofondato decisamente verso una deriva goliardica quando sul palco sono salite le «persone maleducate» ossia una parte della ciurma di Capitan Capitone (Daniele Sepe) costituita da Gnut, Sollo, Tarataglia, Colella, Aldolà, che si sono cimentate in "Amo'", un dialogo kitsch, su un jazz venato di ritmiche carioca, tra un lui e una lei ubriachi di birra.
È stata poi Floriana Gangiano, in arte Flo, che ha aperto lo show con la sua voce potente e carica di pathos, a riportare il pubblico dentro le viscere di Napoli con “Bammenella ‘e copp ‘e quartiere” e consegnarlo, di li a poco, ad un finale scoppiettante in cui Bollani&Friends non si sono risparmiati in quanto ad omaggi ai grandi della canzone napoletana.
Un concerto, quello del versatile compositore toscano, che ha dipinto un affresco molto personale della città di Napoli, in cui hanno prevalso i colori allegri rispetto a quello scuri, pure a volte toccati dall’ancestrale suono della batteria di Jim Black, e in cui il musicista ha messo in secondo piano, a favore di un lavoro corale, le sue virtuosistiche improvvisazioni ed eccellenti interpretazioni di “Arrivano gli alieni” (presentato questo inverno al Teatro Augusteo di Napoli).
Ma, appunto, “Napoli Trip”, è un’altra cosa. È una dichiarazione d’amore allegra e temeraria a Napoli, declamata da Stefano Bollani con quella giusta dose di simpatica “cialtroneria” che gli varrebbe senza ombra di dubbio la cittadinanza onoraria.