Dalla morte alla nascita. Un viaggio a senso inverso, la vita come un miraggio da raggiungere. A fendere il buio, la sola voce esplosa in un grido di dolore: "Mi sento morire, no, no ho paura....". Il sipario si apre con un gran respiro. Luci abbaglianti, la bianca cortina sfuma e svela una nursery. "Se sei fuori di testa significa che sei nato". Subito si è assaliti dal primo dubbioso vagito: "Cosa facciamo? Veniamo al mondo o è prematuro?". Alessandro Bergonzoni ha inserito le mani negli appositi varchi di una culla termica di incubazione, a cercare il contatto fisico con il proprio neonato ivi racchiuso: il copione di "Nessi", spettacolo andato in scena in anteprima, "prematuro" per l'appunto, per quanto già ben rodato.
"Siamo soliti dire che siamo pronti a morire. Ma siamo pronti a vivere? Possediamo il certificato di nascita e quello di morte, ma abbiamo il certificato di vita?". L'ultimo lavoro del comico bolognese è intriso di speranza e incita all'azione. "Dio ha un piano, noi lo dobbiamo suonare" e ancora "Fai come Pollicino ma al contrario: i sassolini buttali avanti". Ottimismo costellato da dubbi: "Davanti a Dio gli uomini sono tutti uguali. Ma di fianco?".
I nessi linguistici de "l'attore di Babele, che vorrebbe capire tutti e diventare l'attore di controllo" sono noti: si dipanano su un concetto ludico della semiotica, grammaticale, verbale, linguistica. Uno stile che si ripete nel rinnovamento dei contenuti; un marchio di fabbrica che contraddistingue l'umorismo tanto colto quanto di immediatezza popolare. Voli pindarici attraverso il lessico dai significati non univoci, sovrapponibili, accompagnati dal suono che le parole assumono nel pronunciarle, ripetuto e ripetuto, come in una nenia; in questo caso una ninna-nanna intonata agli invisibili nati, nelle culle.
I calembour suscitano scrosci di risa pressoché ininterrotti, mai vacui. Bergonzoni dipana temi dai risvolti ironico-filosofico-esistenziali, "tessere o non tessere?"; nascita e morte collegate tra loro dal nesso della vita, e la vita a sua volta in nesso con altre vite. "La vita ha figliato un giro di vite: siamo tutti collegati da fili". Lacci, come recitava il titolo provvisorio, che il pubblico è stato invitato a intrecciare per comprendere la ragione dell'esistenza e per relazionarsi con i propri simili. "E' arrivato il momento. Qualcuno lo va a prendere?" Come dire: non subiamo passivamente ma muoviamoci. Bergonzoni ha indicato la via, che ha percorso indossando scarpe dalla spessa suola bianca isolante; mancato contatto con il terreno per elevarsi a parametri lirici. "E' un genocidio uccidere la parte poetica, geniale, di sé stessi". L'autore si è librato al di sopra del racconto, sulle ali portanti della fantasia caleidoscopica, fino a ritrovare la propria dimensione di attore e riallacciare le dissertazioni della mente a quel particolarissimo ambito al contempo reale ed onirico, sinonimo di Teatro.