Inaugurazione di lusso della Stagione da Camera dell’Accademia di Santa Cecilia con un bel concerto del pianista russo Nicolai Lugansky.
Di César Franck è stata eseguita la versione per pianoforte di Bauer di Preludio, Fuga e Variazione op. 18, inizialmente scritta per organo. Un’atmosfera placida e contemplativa pervade il brano che si dipana senza spunti particolari. Lugansky, soprattutto nella Variazione, lega i suoni con tocco leggero e deciso e ci ricorda l’iniziale intenzione organistica. La Sonata in do minore D 958 di Franz Schubert è uno dei tanti sorprendenti prodotti del suo ultimo anno di vita, la prima delle ultime tre Sonate a lungo misteriosamente trascurata a favore delle altre due successive: decenni sono passati fino a quando l’arte di Sviatoslav Richter ha consentito al brano di ricevere il successo che merita e ora è stabilmente nel repertorio dei più grandi pianisti. Nicolai Lugansky ha regalato al pubblico romano una grande interpretazione evidenziando i virili tratti beethoveniani senza trascurare la caratteristica cantabilità schubertiana. Il Minuetto, con il suo fondo malinconico, precede la sorprendentemente triste Tarantella, i cui chiaroscuri vengono resi alla perfezione dal bellissimo suono di Lugansky che alterna virile decisione e infantile dolcezza.
La seconda parte del concerto inizia con Tre pezzi lirici di Edvard Grieg, brevi brani più da salotto che da concerto. Nell’Arietta l’invenzione melodica determina l’atmosfera, Papillon è un intreccio svolazzante di accordi, mentre Melancholie è intimo e vago, dal carattere quasi impressionista. La Grande Sonata in sol maggiore op. 37 di Petr Ilic Cajkovskij è un lavoro monumentale sorprendentemente lontano dai canoni consueti del compositore russo: mancano quasi completamente le melodie che rendono riconoscibile immediatamente la sua musica, mentre incombono le sonorità schumaniane del Carnaval o della Kreisleriana a confondere le idee dell’ascoltatore. Già dall’incipit pesante, ma non greve, l’atmosfera è più vicina alla tradizione austro-tedesca che non a quella russa. Anche il secondo movimento, Andante non troppo quasi moderato, ricorda Schumann, soprattutto nei contrasti. L’anima russa emerge invece nello Scherzo, dove il ritmo talvolta grottesco ci ricorda che il nostro è un grande autore di musiche per balletto. L’Allegro vivace finale sembra celebrativo e patriottico ed è ben reso dalla verve scintillante di Lugansky che è fedele interprete dell’anima russa del brano.
Equilibrio e bellissimo suono hanno caratterizzato tutta l’esecuzione; il pubblico ha giustamente celebrato con applausi entusiastici il grande pianista che ha ripagato con tre bis: una Ninna Nanna dello stesso Cajkovskji trascritta per pianoforte da Rachmaninov e due studi del compositore e pianista ucraino Nicolaj Kapustin, il secondo dei quali è un effervescente brano di jazz.
Musica
NIKOLAI LUGANSKY IN RECITAL
Russo di lusso
Visto il
al
Auditorium Parco della Musica - Sala Santa Cecilia
di Roma
(RM)